(Adnkronos) – Camici bianchi, cartelli e fischietti. I medici specializzandi sono scesi in piazza a Roma davanti al ministero dell’Università e Ricerca (Mur) per chiedere una riforma del sistema delle specializzazioni e delle relative retribuzioni che li costringe a turni massacranti senza un’adeguata remunerazione che oggi “ci rende schiavi”, urlano i medici. “Veniamo pagati 1.600 euro al mese durante la specializzazione ma lavoriamo H24, e con questi stipendi è impossibile vivere in affitto a Milano, a Roma e Firenze. Meglio riunificare e lavorare in libera professione”, raccontano all’Adnkronos Salute.
“E’ intollerabile – sottolineano i promotori della manifestazione Giammaria Liuzzi (Anaao Giovani), Massimo Minerva (Als) e Antonio Cucinella (Gmi) – apprendere che sia stato insediato un gruppo di lavoro ministeriale per riformare tale anacronistico inquadramento senza la presenza di nemmeno un giovane medico. Chiediamo con forza e determinazione l’inserimento di nostri rappresentanti in tale gruppo o l’istituzione di un tavolo parallelo da noi composto, che lavori in sinergia per evitare di formulare una riforma non all’altezza delle molteplici problematiche vigenti. Non possiamo ipotizzare di veder nascere una riforma delle specializzazioni mediche senza un aumento retributivo, mai indicizzato, che attualmente ammonta a 1.300 euro mensili al netto di tasse universitarie, Enpam, Ordine dei medici e assicurazione obbligatoria”.
“Non possiamo tollerare – incalzano – che in futuro il medico specializzando non sia inquadrato come un professionista che si forma anche e soprattutto nei cosiddetti ‘Learning Hospital’ (ospedali d’insegnamento non universitari, e non solo ammassati in pochi reparti universitari con rapporto giovani medici posti letto 10 a 1), con la certificazione delle loro competenze come avviene per i dirigenti medici e non attraverso un esame di passaggio annuo che molte volte viene utilizzato come ‘spada di Damocle'”. Ancora, “non possiamo tollerare la non abolizione delle incompatibilità per gli specializzandi che pretendono, in assenza di una indennità di esclusività, di essere padroni del proprio tempo”.
“Senza tutto ciò – ammoniscono i giovani medici – non si risolverà mai la carenza di specialisti in quelle branche come la medicina d’emergenza”, la Meu. “L’aumento degli ingressi a Medicina e il maggiore finanziamento di contratti di formazione Meu non risolveranno il problema: occorre una riforma strutturale con al centro lo specializzando Meu, al quale non si può chiedere di fare da tappabuchi a 1.300 euro con zero diritti e tutele e lavorando a fianco di gettonisti che percepiscono anche 700 euro al giorno”.
“Oggi in Italia lavorano negli ospedali circa 43mila medici specializzandi. Siamo sottopagati, guadagniamo 1.300 euro netti al mese che sono meno di 8 euro all’ora. Purtroppo non siamo considerati e abbiamo tanti doveri e pochi diritti, abbiamo problematiche per quanto riguarda ferie, malattie e trasferimenti in altre sedi. Non riusciamo a formarci bene perché fungiamo da tappabuchi negli ospedali e facciamo lavori demansionanti e ripetitivi. Noi vogliamo solo formarci in modo adeguato in strutture che non sono solo policlinici universitari ma anche ospedali puri”. Così all’Adnkronos Salute Giammaria Liuzzi, responsabile nazionale Anaao Giovani.
“Soprattutto crediamo che occorra inquadrare il medico specializzando come i colleghi in Europa, quindi come in Germania e in Spagna – prosegue Liuzzi – Serve quindi una riforma del sistema che è fermo al 1999, purtroppo ci formiamo solo in poche sedi e non riusciamo a creare un ragionamento diverso. Noi siamo medici ma non stiamo sotto il ministero della Salute ma sotto il Mur. Serve – precisa – una riforma globale, ci sono disegni di legge di riforma su cui attendiamo ancora una risposta ma è evidente che il Mur non vuole modificare lo status quo”.
Dopo aver studiato anni sui libri di Medicina arrivano i problemi per i giovani camici bianchi: la specializzazione. Oggi il post laurea sembra un percorso ad ostacoli tra ritardi burocratici, poche borse disponibili e poi l’assegno che spesso non permette a chi non ha altre entrare di lavorare e vivere nelle grandi città. E’ la storia di Federica Bennardo, 27 anni, originaria di Salerno ma da 8 anni a Milano dove si è laureata in Medicina “grazie a una borsa di studio alla Bicocca. Lo scorso anno ho fatto il test per il concorso per le scuole di specializzazioni – racconta all’Adnkronos Salute – che è andato anche bene. Ho superato il concorso per la specializzazione in Medicina legale, non la prima scelta ma avrei voluto provare per capire la vita di reparto, una cosa che non ti spiegano quando studi Medicina ma si deve essere lungimiranti e capire se quella specializzazione fa al caso tuo e io avrei voluto provarci. Ma ho deciso di non entrare: a Milano c’è una bolla immobiliare pazzesca e i soldi della borsa di specializzazione non bastano”.
“Io pago un affitto di casa altissimo, escluse poi le spese di luce e gas – prosegue la dottoressa che oggi è scesa in piazza a Roma con i colleghi per protestare contro le condizioni degli specializzandi in Medicina – La borsa di specializzazione è di 1.600 euro, per cui ho deciso che non mi conveniva perché con la libera professione si guadagna molto di più, anche il triplo. Allora meglio mettere un po’ di soldi da parte e fare la specializzazione tra qualche anno. Io ho fatto il medico di medicina generale, le guardie mediche, lavoravo in Rsa, e davo la disponibilità 7 giorni su 7 perché volevo imparare e stare sul campo”.
Perché Milano e non una altra sede per la specializzazione? “La formazione a Medicina a Milano è molto buona e avrei voluto continuare il percorso dove mi sono laureata”, risponde Bennardo che alla domanda se la sua situazione è comune ad altri colleghi risponde che “è molto diffusa, poi certo c’è chi è aiutato dai genitori. Ma chi lavora a Milano, Torino, Firenze e Roma, ha questo problema – conclude – sono città che con la sola borsa di studio della specializzazione ti permettono solo di sopravvivere e non di vivere”.