Come ha riferito ai media il premier Binali Yildirim, informato dal ministro della Giustizia Bekir Bozdag (di diversi “martiri” sia tra le forze di sicurezza che tra i civili), stamane Diyarbakir, città a maggioranza curda del sud-est della Turchia, è stata fatta oggetto di un attentato condotto con un’autobomba. Il bilancio parla di otto morti, tra i quali sei civili, e due uomini delle forze di sicurezza, che si trovavano allesterno della sede della polizia nel quartiere di Baglar. Forse sarà una coincidenza ma- azzardano i media locali – ma solo alcune ore prima, era stati arrestati diversi parlamentari del partito filo-curdo Hdp, compresi i due copresidenti Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag. Nella notte, la retata delle autorità turche contro politici curdi nell’ambito di un’inchiesta antiterrorismo: in una serie di blitz sono stati arrestati i co-presidenti del partito Hdp, Selahattin Demirtas e Figen Yuksekdag, insieme ad altri parlamentari. Demirtas è stato arrestato nella sua casa di Diyarbakir e, prima di essere portato via, ha fatto in tempo a twittare: le forze di sicurezza “sono alla porta”. Yuksekdag è stata arrestata nella sua abitazione di Ankara. Entrambi sono accusati di diffondere propaganda terroristica e, secondo una nota del governo, sono stati arrestati dopo essersi rifiutati di comparire in tribunale. Il gruppo Turkey Blocks, che monitora la rete internet in Turchia e che collega le difficoltà di accesso, ha denunciato che dalla notte le autorità turche avrebbero limitato e rallentato l’accesso ai social network come Instagram, Facebook, YouTube, Twitter e al servizio di messaggistica istantanea WhatsApp. La restrizione all’accesso alla rete, sostengono, è “sempre più utilizzata in Turchia per tacitare la copertura mediatica di incidenti politici, una forma di censura attuata per evitare disordini”. Il gruppo ha evidenziato che all’inizio della settimana è stato registrato uno “spegnimento totale di internet” che ha colpito “milioni di utenti” nel sud-est della Turchia.