DAI TRENI ALLE NAVI PASSANO A QUELLI SU GOMMA, PESA LA LENTEZZA LEGATA ALLA REALIZZAZIONE DI UNA FUNZIONALE RETE DI TRASPORTI: SERVONO 18 MILIARDI PER SANARE I RITARDI

    ferrovie-del-gargano.jpg (720×497)

    Semmai vi fosse una sorta di linea continua capace di attraversare per intero la Penisola, dal nord al sud, beh possiamo stare certi che non è comunque attribuile al sistema di trasporto su rotaia. Come emerge infatti da un’attenta indagine condotta dall’Ufficio studi di Confcommercio in collaborazione con Isfort (presentato nella seconda giornata del Forum di Conftrasporto in corso a Cernobbio, in provincia di Como), sul fronte del trasporto ferroviario l’Italia è divisa in due:una rete obsoleta e opere mai finite limitano l’accessibilità del Paese. Il preciso Focus incentrato sui trasporti e la logistica evidenzia il divario tra Nord e Sud, complicato dalla frattura del Centro, penalizza l’accessibilità per il trasporto di merci.  Nel trasporto ferroviario la frattura è netta:poco meno di 3/4 del traffico interno nazionale avviene tra le regioni a Nord dell’Emilia Romagna. Questo perché è stato appurato che circa il 70% del materiale rotabile è nella disponibilità di questa parte del Paese. Guardando invece alla distribuzione della rete, i rapporti sono opposti: il 68,3% della Rete ferroviaria nazionale si trova nelle regioni centrali, meridionali e nelle isole, mentre il 31,7% in quella settentrionale. D’altra parte, sia sul fronte ferroviario che in quello stradale, in Italia i collegamenti hanno avuto gestazioni bibliche. Basti pensare che sono accorsi ben 31 anni per aprire i 40 chilometri scarsi della Variante di Valico Barberino-Sasso Marconi, l’Autostrada Tirrenica è ridotta a due monconi, la nuova Romea sembra un’ipotesi e per la Tirreno-Brennero: 9 lustri per 9 chilometri. Resta sulla carta il ’quadrilatero’ di collegamento Marche-Umbria e la superstrada dei due Mari Grosseto-Fano, l’aggancio tra Marche e Toscana, Adriatico e Tirreno resta lontano, la superstrada Civitavecchia-Orte rimane un sogno. Opere il cui completamento richiederebbe interventi per circa 16 miliardi di euro, cheandrebbero ad  aggiungersi ai quasi 2 destinati invece al potenziamento del trasporto merci ferroviario: il triplo dei costi stimati per la costruzione del Ponte sullo stretto. Anche sul fronte dei porti la situazione non è certo migliore, anche se qui si attende con fiducia la riforma per recuperare il gap con i Paesi del Nord Europa, soprattutto sul piano dell’integrazione modale e dell’ampliamento dell’accessibilità. Attualmente il cluster marittimo, “sotto il profilo della dotazione infrastrutturale, sconta qualche incongruenza, con una rapida mutazione della domanda della tipologia di traffico cui non corrisponde una altrettanto veloce capacità di adeguamento”, emerge nella ricerca presentata a Cernobbio. Ma attenzione, qui almeno poche, ma alcune eccellenze si possono ammirare. Ad esempio Genova è uno dei porti che riescono a sfruttare il complesso delle loro potenzialità, così come, fra quelli di media dimensione, si distingue quello di  Ravenna, che riesce a tenere in equilibrio potenza infrastrutturale e livelli di traffico. Altre eccellenze sono il porto di Trieste, che movimenta 600 treni al mese (conta di chiudere il 2016 con un totale di 7mila convogli), e La Spezia che, “nonostante i limiti di spazio e di capacità della linea ferroviaria di connessione, vede quote rilevanti di traffico in entrata e uscita dal porto via ferrovia”.