(Adnkronos) –
AI e diritto d’autore. Il tema è già caldissimo, lo diventerà ancor di più nei prossimi giorni. In molti tribunali americani e, da qualche tempo, anche in alcuni europei, sono accese dispute sulla possibile estensione della tutela del diritto d’autore/copyright anche alle opere create con sistemi di Intelligenza Artificiale. Pochi giorni fa si è avuta una prima pronuncia, molto ripresa dai media di tutto il mondo. Il giudice del Tribunale federale di Washington DC, Beryl Howell, ha respinto le istanze dell’imprenditore informatico Stephan Trhaler volte a ottenere la protezione per le opere create dal sistema di AI Dabus di sua proprietà. La giudice ha dato ragione all’ufficio USA per il Copyright che aveva già respinto l’istanza sostanzialmente perché le opere in esame erano carenti di adeguato contenuto creativo. Questo è, a mio avviso, il tema dirimente della questione che, peraltro, sta spaccando il mondo degli addetti ai lavori e non solo. C’è infatti chi ritiene che le opere che vengono prodotte dai sistemi di AI nascono comunque da un input umano e tali sistemi stessi non sono altro che degli strumenti (una sorta di pennello o scalpello solo molto più sofisticati) e non si vede, pertanto, perché non debbano essere tutelate dal diritto d’autore. Altri ritengono (come la giudice Howell) che i prodotti dei sistemi AI mancano completamente dell’apporto creativo (e originale) di un autore conseguentemente non possono giovarsi di una normativa che è volta precipuamente a tutelare la creatività, il nuovo (non il rielaborato estrapolando dal vecchio, come nel machine learning). Ora, anche se il tumultuoso sviluppo tecnologico del settore rende difficile ogni valutazione, ritengo che la seconda opzione sia quella più aderente allo spirito delle leggi internazionali sul diritto d’autore e che, comunque, per decidere l’eventuale estensione della tutela autoriale vada sempre valutato quanto è significativo l’apporto creativo umano nel processo generativo di un’opera digitale (che sia frutto di un sistema di AI o altro).
Modelle. Il numero di settembre di Vogue USA e di Vogue GB porterà in copertina una foto con quattro super modelle (Linda Evangelista, Cindy Crowford, Christy Turlington, e Naomi Campbell) che ne richiama una con le stesse protagoniste ma di oltre 30 anni fa. Ora le quattro signore (definite da Vogue: “The greatest of all times”, le più grandi di sempre) hanno un’età compresa tra i 53 i 60 anni e sono, ora come allora, splendide (ruga in più, ruga in meno). Non si può che plaudire al messaggio che il magazine (da sempre considerato “la voce” della moda e del fashion) manda ai lettori: lo stile non ha età; e questo vale per una super modella come per ognuno di noi. (Di Mauro Masi)