Il Bollettino della Bce pubblicato oggi esalta quelle riforme attuate nel mercato del lavoro, che hanno incentivato loccupazione in diversi paesi. La Bce indica quindi “diversi esempi di riforme riuscite nei paesi dellarea delleuro, che hanno verosimilmente contribuito a una crescita delloccupazione superiore al previsto data la relazione storica della stessa con il pil”. In particolare, il bollettino sottolinea limpegno di Germania e Spagna, protagoniste dalla metà degli anni duemila delle riforme più ampie dei rispettivi mercati del lavoro. Paesi che la Bce indica fra quelli che hanno registrato la maggiore crescita del prodotto e delloccupazione dallinizio della ripresa. Non manca poi anche lItalia, la cui riforma introdotta nel 2015 ha contribuito al rinnovato dinamismo delloccupazionenel paese negli ultimi trimestri: “Queste osservazioni potrebbero incoraggiare le altre economie dellarea ad attuare ulteriori riforme”. Certo, la Bce non trascura i ricordare che lacrescita economica nell’eurozona prosegue a ritmi moderati e costanti ma con rischi al ribasso. A tal proposito, le previsioni macroeconomiche formulate per larea delleuro in settembre dagli esperti indicano unincremento annuo del pil in termini reali dell1,7% nel 2016, dell1,6 nel 2017 e dell1,6 nel 2018. “Nel complesso, sebbene levidenza emersa finora suggerisca la tenuta delleconomia dellarea alla persistente incertezza economica e politica su scala globale, lo scenario di base resta soggetto a rischi al ribasso. Occorre compiere ulteriori sforzi di risanamento, soprattutto nei paesi con debito pubblico elevatoin relazione al pil – osserva la Banca centrale europea – Questi paesi devono imprimere all’incidenza del debito una solida dinamica discendente, giacché sono particolarmente vulnerabili a un aumento dell’instabilità nei mercati finanziari o a una risalita dei tassi di interesse. I paesi dell’area dell’euro con margine di intervento sui conti pubblici, invece, dovrebbero ricorrere a questo spazio di manovra, ad esempio attraverso l’espansione degli investimenti pubblici, mentre ciascun paese si dovrebbe impegnare a conseguire una composizione di finanza pubblica più favorevole alla crescita”. Fortuna poi la modesta ma inizialmente temutissima volatilità legata alluragano Brexit, che inizialmente minacciava i mercati finanziari. Indubbiamente però, lesito del referendum britannico ha fatto aumentare l’incertezza macroeconomica. Ora a preoccupare l’istituto di Francoforte, altri fattori che potrebbero contribuire ai più alti livelli di incertezza circa il quadro politico e le politiche economiche osservati in altri paesi, in particolare negli Stati Uniti e in Cina.