“L’anticipo pensionistico è per tutti, indipendentemente dalla gestione previdenziale. Quindi vale per gli autonomi, per le partite Iva della gestione separata e vale per artigiani e commercianti”. Lo ha anticipato Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, nella puntata di ’Presadiretta’ in onda stasera su Rai3, a proposito delle modifiche al sistema previdenziale, intervenendo su chi sceglie di lasciare il lavoro prima dei termini fissati dalla legge attraverso il cosiddetto ’Ape’, ovvero l’anticipo di pensione attraverso prestito. La domanda è scontata: quanto costerà lasciare prima il proprio lavoro? I due estremi tra cui si muoverà questo ’costo’ sono compresi tra zero fino a un taglio della pensione del 15-20%. Intanto, in una recente elaborazione pubblicata dal ’Messaggero’, sono stati analizzati gli anticipi pensionistici per alcune categorie di lavoratori (ipotizzando un interesse al 2% e un costo della polizza – in caso di morte del pensionato prima dei 20 anni del piano di ammortamento – pari al 20% del capitale, assieme a una pensione pari al 70% di quella a cui avrebbe diritto il lavoratore con in contributi versati al momento di lasciare). Vediamo alcune categorie di lavoratori come potranno gestirsi nello specifico, tra quelli appartenenti alla generazione del 1950 e dintorni. Artigiani: prendendo a modello una persona nata a novembre del 1953, la pensione arriverebbe nell’ottobre 2020 (con 66 anni e 11 mesi) ma attraverso l’Ape potrebbe andare via già da marzo 2017; sulla sua ipotetica pensione da 1.500 euro peserebbe una rata da 284 euro (pari ad un taglio di circa il 19%). Operai: nato nell’aprile del 1952, ha perso il lavoro perché la sua azienda ha chiuso i battenti. Il traguardo della pensione sarebbe arrivato nel 2019 ma, non avendo impiego, ha tutto l’interesse ad accedere all’Ape: con 22 mesi di anticipo otterrebbe un taglio del 9,5% (che si ridurrebbe però a meno dell’1% grazie a una detrazione fiscale del 90% riconosciuta dallo Stato). Impiegati: un individuo nato nel giugno 1952 che lavora per un’azienda privata potrebbe decidere di richiedere il prestito pensionistico con un anticipo di 2 anni e 4 mesi e una penalizzazione di circa il 12%. Statali: un funzionario pubblico nato a dicembre 1951 maturerebbe la pensione a luglio 2018, dopo 66 anni e 7 mesi. Attraverso l’anticipo pensionistico, da gennaio 2017 avrebbe un trattamento di 2.100 euro – rispetto a quello ipotetico pari a 3.000 – con una rata di 233 euro al mese, che ridurrebbe la sua pensione di circa l’8%. Insegnanti: una docente nata a giugno del 1951, con le attuali regole lascerebbe il lavoro a settembre 2018, dopo i 67 anni. Se l’anticipo pensionistico dovesse allinearsi ai canali di uscita previsti dal sistema scolastico, potrebbe accedere al prestito con un anno di anticipo (2017, dunque) e un 5% della pensione in rata da restituire. Infine la categoria dei manager: nato nel febbraio 1953, il suo traguardo pensionistico arriverebbe a inizio 2020. Ma con un eventuale anticipo di circa 3 anni, su una pensione ipotetica di 4.000 euro, potrebbe lasciare già nel 2017 con una rata di 630 euro (taglio pari a circa il 15%).
M.