(Adnkronos) – Scelta la ‘fetta di cielo’ dove la missione spaziale Plato cercherà esopianeti simili alla Terra. La decisione è arrivata durante la riunione annuale della European Astronomical Society (Eas) a Cracovia, in Polonia. Il Consorzio che gestisce le attività della missione Plato dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) ha annunciato infatti la scelta della prima regione di cielo che il satellite osserverà dopo il suo lancio in programma a fine 2026. Si tratta di “un ulteriore ed essenziale passo avanti per la definizione della missione che vede una forte partecipazione del nostro Paese, attraverso l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi), l’Istituto Nazionale di Astrofisica e l’Università di Padova” sottolineano Asi, Inaf e Ateneo.
Plato (Planetary Transits and Oscillations of stars) è un satellite di classe M del Programma Cosmic Vision 2015-2025 dell’Esa e forte dei suoi 26 telescopi, ognuno con apertura di 20 cm, cercherà nuovi pianeti extrasolari misurando per anni la luce emessa da stelle in una regione di cielo molto ampia, di dimensione analoga a quella che i nostri occhi vedono quando li alziamo per mirare le stelle, ovvero 2300 gradi quadrati. Scopo della missione è quello di trovare attorno a stelle simili al nostro Sole pianeti analoghi alla Terra, per massa, dimensioni e orbita; un compito che nessun altro progetto potrà perseguire almeno per i prossimi due decenni.
“Plato è una delle tre missioni dell’Esa dedicata ai pianeti extrasolari cui l’Italia sta dando un contributo fondamentale” spiega Elisabetta Tommasi, responsabile per l’Asi degli accordi di collaborazione con gli enti di ricerca e Università che partecipano a questa sfida. “Se Cheops, lanciata nel 2009, sta fornendo dettagli inaspettati di sistemi planetari extrasolari già noti, Plato – indica la scienziata italiana – aumenterà notevolmente il numero di pianeti conosciuti simili alla Terra, mentre Ariel, il cui lancio è previsto nel 2029, farà il passo successivo. cioè studierà le atmosfere dei pianeti alla ricerca di informazioni sulla loro formazione e di segnali di vita”. L’impegno dell’Agenzia in questo campo di ricerca è testimoniato anche dal contributo ai tre programmi dello Space Science Data Center (Ssdc) di Asi; in particolare per Plato le attività sono coordinate da Paola Marrese, ricercatrice Inaf presso Ssdc, e riguardano proprio il Plato Input Catalogue, che contiene la lista di stelle che il satellite osserverà.
“Per conseguire questo importante obiettivo Plato sfrutterà la tecnica dei transiti planetari che si è già dimostrata estremamente efficace per la scoperta del maggior numero dei pianeti extrasolari ad oggi identificati, sia da Terra che dallo Spazio” afferma Giampaolo Piotto dell’Università di Padova, direttore del Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali (Cisas), uno degli artefici principali della missione e della sua preparazione. “Questo metodo – sottolinea – consiste nel misurare la diminuzione della luminosità di una stella quando un pianeta che vi orbita attorno, passando – appunto ‘transitando’ – davanti al disco stellare ne blocca parte della luce che arriva a noi”.
“Per massimizzare i risultati scientifici della missione, di durata iniziale prevista in quattro anni di operazioni – aggiunge Valerio Nascimbeni ricercatore dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) – Osservatorio Astronomico di Padova – occorre sapere in anticipo quale porzione di cielo osservare con i 26 telescopi di Plato”. Per questo, il team padovano guidato dal Professore Piotto ha lavorato in questi ultimi dieci anni all’individuazione di opportuni criteri scientifici per identificare le regioni di cielo ottimali per le osservazioni, costruendo diverse versioni del Plato Input Catalog (Pic). Ora la prima scelta è stata definitivamente fatta: il campo che Plato osserverà dopo il lancio, chiamato dagli addetti ai lavori Lops-Long Observation Phase South, ha il centro posizionato nell’emisfero Sud, in una regione di cielo che copre, in tutto o in parte, le costellazioni del Pittore (Pictor), della Colomba (Columba), del Dorado, del Bulino (Caelum), del Reticolo (Reticulum), della Poppa (Puppis).
La scelta è legata anche all’enorme potenziale di telescopi che l’Europa ha nell’emisfero Sud per ulteriori analisi dei pianeti scoperti da Plato, in particolar modo, per misurare la loro massa. L’Italia, sottolineano infine Asi, Inaf e Università di Padova nella nota, “contribuisce alla missione in modo estremamente rilevante anche per quanto riguarda la costruzione della strumentazione scientifica del satellite”. Finanziato dall’Asi, che gestisce la produzione industriale con il supporto scientifico del team Inaf guidato da Isabella Pagano, Direttrice dell’Osservatorio Astrofisico di Catania dell’Inaf e co-Principal Investigator della missione, il contributo italiano riguarda la realizzazione dei 26 telescopi e del computer di bordo e la consegna all’Esa delle 26 camere, cioè dell’insieme di telescopio, rivelatori ed elettronica, da montare sul satellite.