Home ATTUALITÀ Università, più spazio a donne e 56% ragazze fra nuovi iscritti ma...

    Università, più spazio a donne e 56% ragazze fra nuovi iscritti ma rimane gender gap

    (Adnkronos) – Inizia lentamente a muoversi in direzione opposta il vento della parità di genere nelle università italiane anche se nei nostri atenei si respira ancora aria di resistenza a concedere posizioni apicali alle donne e pregiudizi sulle materie Stem da parte delle matricole rosa. Dunque il tema “donne nelle università” – da quanto emerge da analisi elaborate dall’Adnkronos – è un capitolo ancora in chiaro-scuro. Stando agli ultimi dati diffusi dal Ministero dell’Università e Ricerca (Mur), nell’anno accademico in corso 2022-2023, infatti, le nuove immatricolazioni vedono una crescita al 56% delle iscrizioni al femminile contro il 44% delle immatricolazioni di ragazzi. Tra le quasi 330.000 nuove immatricolazioni il Mur – nei dati provvisori di giugno – rileva che è confermata la maggiore presenza femminile con 183.647 nuove iscritte, pari al 56%, rispetto a quella maschile con 146.170 nuovi studenti, pari al 44%.  

    Una crescita in rosa sebbene lieve visto che nell’anno accademico 2021-2022 gli studenti e le studentesse iscritte al primo anno sono stati, rispettivamente, 143.164 e 179.501. Anche la nuova policy della Commissione Europea sta spingendo gli atenei italiani a muoversi, sebbene lentamente, sul Bilancio di Genere e qualche università registra i primi passi in avanti sulla presenza di donne ai vertici. “Sebbene non si sia ancora mai avuta una donna Rettore all’Università di Pisa, dati alla mano dal 2019 al 2023 contiamo ormai nel Senato Accademico il 50% di presenza femminile” rileva, conversando con l’Adnkronos, la direttrice del Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa, Lucia Pallottino.  

    Seconda donna – dopo la keniota Arti Ahluwalia – a capo di uno dei maggiori centri di ricerca nei settori dell’automazione, della bioingegneria e della robotica, Pallottino indica però che nel “Cda dell’Università di Pisa nel 2023 la presenza femminile è stabile con 2 donne contro 6 uomini rispetto al 4 a 6 degli anni 2019-2021”. Un aumento di presenza femminile viene registrato anche all’Università di Roma Luiss ‘Guido Carli’. “Nell’anno accademico 2021-2022 sono cresciute ulteriormente le studentesse raggiungendo il 48.5% della popolazione totale studentesca” e lo scorso anno sono “salite al 66,7% le ricercatrici di tipo A e cresciute al 39,4% le docenti di seconda fascia” riferisce la professoressa Emiliana De Blasio, Advisor del Rettore della Luiss per Diversity & Inclusion.  

    Anticipando i dati – che saranno approvati a luglio – dell’Ufficio Studi della Luiss, elaborati dall’Ufficio Diversità, Inclusione e Innovazione Sociale dell’ateneo ‘Guido Carli’ di Roma, la professoressa Emiliana De Blasio evidenzia come alla Luiss la parità di genere inizia ad essere un traguardo più raggiungibile. “Le donne nell’anno accademico 2021/2022 – riferisce – crescono ulteriormente raggiungendo il 48.5% della popolazione totale studentesca”. “Negli ultimi 2 anni accademici dal 19/20 al 21/22 c’è stato un incremento medio del 3% del numero di studentesse che sono arrivate quasi alla parità degli studenti uomini (51,5%), a differenza dei due anni accademici precedenti in cui la popolazione studentesca femminile era rimasta sostanzialmente stabile, intorno al 45,5%” indica ancora la docente di Gender Politics e Sociologia della Comunicazione della Luiss. 

    Tracciando ancora un quadro della presenza delle donne in ambito accademico emerge che sono ancora poche le donne nei ruoli apicali negli atenei del Sud. La delegata del Rettore dell’Università della Calabria, Giovanna Vingelli, rileva però un andamento “quasi in linea con i dati nazionali visto che la presenza all’UniCal di docenti donne è al 21,5% contro il 23% media nazionale nel 2021 mentre crescono le studentesse al 55-57%”. Sono passi ancora “lenti” quelli compiuti sulla parità di genere anche all’UniCal “ma ci siamo immediatamente adeguati alle indicazioni europee per l’Agenda del Quality Plan” dice Vingelli.  

    L’Università della Calabria, inoltre, “già da tempo è partita con una riflessione su una maggiore presenza femminile ai vertici e nelle materie Stem” tanto che “già dal 2014 abbiamo attivato lo strumento del Bilancio di Genere, seconda università d’Italia a istituirlo”. Non solo. All’Università della Calabria, Vingelli sottolinea che “se è vero che non arriviamo al 50% di personale docente femminile siamo comunque nella media nazionale”. “Già da tempo – stigmatizza ancora Vingelli – siamo partiti con una riflessione su una maggiore presenza femminile ai vertici e nelle materie Stem” tanto che “dal 2014 abbiamo attivato lo strumento del Bilancio di Genere, seconda università d’Italia a istituirlo, siamo stati la seconda università del nostro Paese, nel 1997, a dotarci di un Centro di Women’s Studies”.  

    Ma cosa frena la forza femminile negli atenei italiani e la scelta delle materie Stem delle ragazze? La direttrice del Centro di ricerche ‘E. Piaggio’ dell’Università di Pisa indica come buco nero i pregiudizi che si apprendono sui banchi di scuola fin dalle elementari. “Il nostro – commenta Pallottino – è un centro di ricerca anomalo perché contiamo una presenza femminile del 30% e noi, come robotici, beneficiamo di maggiore presenza di donne” ma “purtroppo a livello mondiale, nella nostra cultura occidentale, il 50% di bambine delle elementari interessate alle materie scientifiche si perde strada facendo e la forchetta maschi-femmine va ad allargarsi: quindi c’è qualcosa che condiziona nella fase evolutiva la scelta della formazione delle ragazze”. 

    La matematica italiana cita come esempio di “messaggi subliminali” ed il quadro emerso “da uno studio che ha analizzato i testi di studio delle elementari dove i racconti sono agghiaccianti in termini di condizionamento sulle scelte dei lavori per le bambine e per i maschietti”. Lucia Pallottino ricorda quanto emerso nel saggio “Educazione sessista: Stereotipi di genere nei libri delle elementari (Questioni di genere)” di Irene Biemme (Rosenberg & Sellier 2017).  

    “Bisogna partire – afferma – dai bambini, molti anni prima dell’approdo all’università” per ridurre la forchetta del gender gap. “Quello che si legge in questo saggio è sconvolgente: per i maschietti nei racconti emergono 50 tipi di lavori per le bambine solo 15 e tra questi anche la ‘principessa’ e la ‘strega’”. Per questo “come Centro di ricerche andiamo il più possibile nelle scuole per mostrare che una donna può farcela nelle materie scientifiche e tecnologiche” scandisce infine la matematica Lucia Pallottino. (di Andreana d’Aquino)