MENTRE IN TURCHIA PROSEGUE L’EPURAZIONE ERDOGAN GELA LA UE: ‘NON ESCLUDO LA PENA DI MORTE’. GENTILONI: ‘CON LA PENA DI MORTE NON ENTRATE IN EUROPA’

    56b86ca9c3618890198b4587.jpg (900×500)

    Il numero degli arresti seguito al tentativo di golpe in Turchia sta assumendo proporzioni impressionati. Si parla di qualcosa 7.500 arresti, 6mila dei quali riguardano l’esercito. Tra di loro salta agli occhi Akin Ozturk, ex capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, indicato da funzionari governativi turchi come il presunto capo dei golpisti in patria. In totale sono 103 i generali e gli ammiragli delle Forze Armate finiti in carcere. La mano longa della ‘purga’ ha investito anche la polizia: sono stati infatti costretti a riconsegnare armi e distintivi, ben 7.850 agenti, sospesi dopo i fatti di venerdì notte. Nell’ambito dei funzionati e dei dipendenti pubblici, il ministero dell’Interno di Ankara ha inoltre silurato in “totale 8.777 dipendenti”, tra i quali figurano 30 governatori e 52 investigatori. Nell’ambito della comunicazione, l’epurazione ha letteralmente ‘spento’ una ventina di portali di notizie e siti web. Ciò che lascia maggiormente perplessa la comunità internazionale è però la notizia di oltre 2.700 giudici e pubblici ministeri sospesi o espulsi dal Consiglio superiore dei giudici e dei pubblici ministeri poche ore dopo i terribili eventi. Un fatto che ha saltare sulle sedie la rete europea dei consigli di Giustizia (Encj), che ha espresso “seria preoccupazione per le notizie. Ulteriori report sembrano indicare che un grande numero di giudici e pubblici ministeri sono stati arrestati”. Dello stesso avviso anche Johannes Hahn, commissario europeo alla Politica di vicinato e ai Negoziati per l’allargamento, “molto preoccupato per gli ordini di arresto emessi nei confronti dei magistrati. Ci aspettiamo una risposta che sia in linea con gli standard internazionali dello Stato di diritto. E quello che vediamo non è in linea con lo Stato di diritto. Come minimo è una cosa che è stata preparata. Il fatto che le liste fossero disponibili subito dopo l’evento indicano che era stata preparata e che a un determinato momento avrebbero dovuto essere utilizzate”. Ora l’attenzione è rivolta alle dichiarazioni del presidente turco Recep Tayyip Erdogan il quale, nel corso all’intervista esclusiva alla Cnn, ha detto che non è possibile escludere la pena di morte per chi ha tentato di rovesciare il suo governo con un colpo di Stato. ’’C’è un chiaro reato di tradimento’’, ha detto, precisando comunque che l’eventuale ritorno della pena di morte in Turchia dipenderà ’’naturalmente da una decisione parlamentare’’ e ’’io come presidente approverò qualsiasi decisione emerga dal Parlamento”. Dal conto suo, Paolo Gentiloni, titolare della Farnesina, a margine del Consiglio Affari Esteri di Bruxelles ha dichiarato che è “E’ stato chiaro il nostro sostegno al governo liberamente eletto in Turchia e la nostra condanna del tentativo di avventura militare, altrettanto chiaro è il fatto che, obiettivamente, immaginare che in dodici ore si sia appurato che ci sono alcune migliaia di giudici complici del tentativo di colpo di Stato, rischia di apparire un po’ stridente con i principi dello Stato di diritto. Come se, invece che raccogliere elementi di questa eventuale complicità, si sia voluto ricorrere a una forma di epurazione. Io – ha poi aggiunto il ministro italiano – ho ripetutamente parlato con il governo turco ed abbiamo avuto rassicurazioni del fatto che la loro risposta sarà orientata al rispetto delle legge e dello Stato di diritto. Sinceramente, vediamo segnali che vanno in una direzione molto diversa. Inoltre – ha voluto sottolineare Gentiloni – il ritorno della pena di morte in Turchia sarebbe uno dei simboli di quello che l’Europa non può accettare. Siamo stati molto chiari nel condannare il tentativo di golpe militare e al tempo stesso siamo molto chiari nel dire che la reazione non può essere di vendetta, ma deve tenere conto dello Stato di diritto e delle regole della legge. Si tratta di una posizione assolutamente condivisa a livello europeo”. Un concetto ripreso ed ampoliato anche da Federica Mogherini, Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione Europea, che ha ribadito il concetto: “Primo, nessuno Stato può diventare membro dell’Unione Europea se introduce la pena di morte. Questo è molto chiaro – ha tenuto a precisare nell’ambito della conferenza stampa di Bruxelles – Secondo, la Turchia è un importante membro del Consiglio d’Europa e, come tale, è vincolata dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che è molto chiara sulla pena di morte. Spero di essere stata chiara”. Anche la Germania, come conferma il portavoce della Merkel, Steffen Seibert: “Respingiamo categoricamente la pena di morte. Un Paese che ha la pena di morte non può essere membro dell’Ue”. Preoccupazioni, quelle espresse dai paesi della Ue, ‘in parte’ fugate dal premier turco Binali Yildirim, che ha affermato: “Agiremo nel rispetto della legge”, illustrando poi il drammatico bilancio del tentato golpe: “208 “martiri (145 civili, 60 poliziotti e tre soldati), 1.491 feriti e “24” golpisti uccisi (anche se ieri il ministero degli Esteri di Ankara aveva riferito invece di oltre 100 militari golpisti uccisi. Il premier ha inoltre confermato che sono state fermate 7.543 persone sospettate di aver avuto un ruolo nel tentato golpe. Tra queste, ha detto, ci sono 100 poliziotti, 6.038 soldati, 755 giudici e 650 civili. Ma i ‘colpevoli’ saranno condannati a morte? “E’ una richiesta del popolo – ha dichiarato Yildirim – un ordine dei cittadini, ma sarebbe sbagliato affrettarsi a decidere”. Sul fronte politico interno intanto, si spinge per un rapido ritorno alla normalità cercando però un consenso ancora più forte: -“E’ stato evitato il golpe, ma non possiamo dire che la minaccia sia finita, e per questo, cari abitanti di Istanbul, vi chiediamo di seguire attentamente ogni dichiarazione del presidente e di rimanere nelle piazze fin quando il presidente non dirà: ’Ok, ora potete tornare a casa”. Così stamane Fikri Isik, ministro della Difesa turco,  si è rivolto ai manifestanti filogovernativi riuniti davanti alla residenza di Recep Tayyip Erdogan nella città sul Bosforo. Isik ha definito i fatti dei giorni scorsi come “un palese atto di tradimento” a cui la “Turchia non aveva mai assistito” nonostante i tre golpe militari del 1960, del 1971 e del 1980. Già sabato scorso Isik aveva parlato di golpe “evitato” e di come fosse “troppo presto” per affermare che la minaccia “sia stata completamente eliminata”. Dal canto suo, il vice premier turco Mehmet Simsek ha detto che “nulla è cambiato nel Paese. E se c’è stato un cambiamento in Turchia, è il consolidamento della democrazia. Il nostro Paese, la nostra democrazia, la nostra stabilità politica sono state rafforzate – ha aggiunto il vice premier – La strada davanti alla Turchia è chiara. Torneremo molto rapidamente alle nostra agenda di riforme strutturali”.

    M.