Se da un lato assistiamo alle drammatiche storie dei migranti in fuga da guerre e miseria, dallaltra apprendiamo dellaltrettanto drammatico viatico di tante giovani africane strappate dalle loro terre dorigine per esser avviate alla prostituzione sulle nostre strade. Ed è grazie allimpegno degli uomini della Squadra Mobile della Capitale che è stata smantellata unorganizzazione criminale specializzata nello sfruttamento di ragazze importate illegalmente dalla Nigeria. Le indagini sono nate ricostruendo la drammatica vicenda di una ragazza nigeriana, indotta ad abortire (dopo aver consumato un rapporto senza protezione con un cliente) con un micidiale cocktail di farmaci. Una ragazza come tante, illusa dalle false promesse di una vita dignitosa, condotta prima in Libia e poi, confusa nei barconi della speranza, sbarcata in Sicilia e poi portata a Roma. La ragazza, dopo esser stata raccolta in strada e ricoverata al Policlinico di Tor vergata, ha raccontato che in Libia, in attesa del viaggio, le ragazze destinata alla strada venivano radunate in ununica casa, dove ricevevano istruzioni circa le modalità del viaggio e chi seguire poi una volta giunte in Italia. A seguito dellindagine coordinata dalla Procura di Roma, gli agenti hanno eseguito sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di sette nigeriani per associazione a delinquere finalizzata al reclutamento, allinduzione ed allo sfruttamento della prostituzione, anche minorile, nonché procurato aborto in persona non consenziente e rapina. A capo del sodalizio criminale una donna risoluta, dai modi abbastanza rudi. A peggiorare la pressione psicologica della giovane prostituta, pratiche Woodoo alle quali è stata sottoposta prima di partire, e sotto la minaccia delle quali larcigna maitresse ne disponeva come meglio credeva. Le giovane nigeriane, una decina, battevano i marciapiedi di strade consolari come la Salaria, la Flaminia e la Palmiro Togliatti. Tutti gli arrestati, ad eccezione di uno già in carcere a Civitavecchia, sono stati portati presso il carcere di Rebibbia.
M.