Papa Francesco, “No ad una Chiesa ossessionata dal potere ” – di Reitano Marta

    image

    Nella Toscana fa visita Papa Francesco, il quale celebra la messa allo stadio Franchi di fronte a oltre 52 mila fedeli.

    La mattina è stato a Prato per circa un’ora e mezzo dove lo hanno accolto 300 studenti della città con musica e canti, ed ha ricordato la tragedia di due anni fa quando morirono sette cinesi in un rogo.
    “La sacralità di ogni essere umano – ha detto il Pontefice – richiede per ognuno rispetto, accoglienza e un lavoro degno; mi permetto qui di ricordare i cinque uomini e due donne di cittadinanza cinese morti due anni fa a causa di un incendio nella zona industriale di Prato, vivevano e dormivano all’interno dello stesso capannone in cui lavoravano, in una zona era stato ricavato un piccolo dormitorio di cartone e cartongesso, è una tragedia dello sfruttamento e delle condizioni disumane di vita e questo non è un lavoro degno”.
    Poi ha lasciato la città su un elicottero assieme al vescovo di Prato Franco Agostinelli per andare a Firenze al convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana.
    Ad attenderlo in Piazza Duomo c’erano molti fedeli arrivati all’alba, ed ha pranzato alla mensa della Caritas in piazza Santissima Annunziata dove si è registrato come tutti, ed ha ricevuto l’apposita tessera, poi si è intrattenuto con i malati e si fermato a pregare davanti all’immagine della Madonna lasciandole una rosa bianca con due biglietti.
    Una lunga serie di applausi ha scandito i passaggi più emozionanti del discorso che il Papa ha tenuto nel Duomo di Firenze.
    Nel V convegno della Chiesa italiana ha sottolineato che la Chiesa non deve essere “ossessionata dal potere” bensì umile e vicina alla gente, come quella di Don Camillo che dichiarava di conoscere i suoi parrocchiani uno per uno.
    “La Chiesa italiana – ha detto il Papa – ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: ’Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro’. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte”.
    Prima di uscire dalla cattedrale ha accolto e salutato alcune decine di persone che gli si erano avvicinate, stringendo le mani e dedicando ad ognuno ascolto e belle parole, ma soprattutto ha abbracciato tutti i bambini che gli porgevano al suo passaggio.