(Adnkronos) – Un summit di mafia in una casa nelle campagne della provincia di Caltanissetta per dirimere una controversia tra due uomini d’onore. E’ quanto emerge dal blitz eseguito ai carabinieri del Nucleo investigativo del Reparto operativo del Comando provinciale dei carabinieri di Palermo che ha colpito il mandamento di Pagliarelli e, in particolare, la famiglia di Rocca Mezzomonreale. Sette le misure cautelari (5 in carcere e 2 ai domiciliari) emesse dal gip di Palermo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. I provvedimenti, emessi dal gip di Palermo su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia, sono stati eseguiti oltre che nel capoluogo siciliano, anche a Riesi (Caltanissetta) e Rimini.
CODICE MAFIOSO SCRITTO – Grazie a complessi servizi di pedinamento e intercettazioni gli investigatori dell’Arma hanno documentato la riunione della famiglia mafiosa durante la quale si è registrato il costante richiamo degli indagati al rispetto di regole e dei principi mafiosi più arcaici che, “compendiati in un vero e proprio ‘statuto’ scritto dai ‘padri costituenti'” – spiegano gli investigatori – sono considerati, ancora oggi, il baluardo dell’esistenza stessa di Cosa nostra.
Nell’ambito della conversazione captata, definita dallo stesso gip di “estrema rarità nell’esperienza giudiziaria”, si è più volte fatto esplicito richiamo all’esistenza di un “codice mafioso scritto”, custodito gelosamente da decenni e che regola, ancora oggi, la vita di Cosa nostra palermitana.
VERTICI CLAN GESTIRONO VIAGGIO PROVENZANO E ASSE CON MESSINA DENARO – L’operazione antimafia che ha colpito il mandamento di Pagliarelli e, in particolare la famiglia di Rocca Mezzomonreale, ha permesso di confermare ancora una volta le storiche figure di vertice, già in passato protagoniste di episodi rilevantissimi per la vita dell’associazione mafiosa, quali, ad esempio, la gestione operativa della trasferta in Francia del capomafia deceduto Bernardo Provenzano per sottoporsi a cure mediche o la tenuta dei contatti con l’allora latitante Matteo Messina Denaro.
Ma le indagini che si sono avvalse di pedinamenti e intercettazioni hanno svelato anche l’esistenza dentro la famiglia di uomini d’onore riservati rimasti ad oggi del tutto estranei alle cronache giudiziarie, che, spiegano gli investigatori dell’Arma, “pur dimostrando una piena adesione al codice mafioso universalmente riconosciuto da Cosa nostra, godrebbero di una speciale tutela e verrebbero chiamati in causa soltanto in momenti di particolare criticità dell’associazione”.
COSÌ I BOSS VOLEVANO UCCIDERE UN ARCHITETTO – Uno dei retroscena è una sentenza di morte emessa dal clan quale suggello della ritrovata armonia. Le indagini hanno consentito di sventare un omicidio ai danni di un architetto ritenuto responsabile di una serie di mancanze nello svolgimento della propria opera professionale. Il piano di morte era stato messo a punto durante un summit della famiglia di Rocca Mezzomonreale nelle campagne di Butera, in provincia di Caltanissetta.
LA BAMBOLA CON PROIETTILE IN FRONTE – Il pizzo per alimentare le casse di Cosa nostra. Il racket delle estorsioni resta una delle fonti di finanziamento delle famiglie mafiose palermitane. I carabinieri hanno ricostruito diversi episodi. La famiglia mafiosa di Rocca Mezzomonreale imponeva il pizzo oppure il ricorso a ditte riconducibili al clan e per convincere i più ‘riottosi’ non escludeva il ricorso alle maniere forti. Così in un caso sul cancello di un’abitazione i boss hanno fatto trovare una bambola con un proiettile conficcato in fronte.