Venezia parla latinoamericano e Valria Golino è una signora attrice. Questo, in due righe, il sunto della 72ma Mostra del Cinema, appena conclusasi. “Diciamo che come Cannes quest’anno ha scoperto il cinema francese, Venezia ha scoperto la cinematografia latinoamericana”, ha intelligentemente fatto notare il presidente della Biennale, Paolo Baratta, che già da luglio aveva segnalato le produzioni dell’America Latina tra le più interessanti presenti nel cartellone di questa edizione. Dunque, Leone d’Oro al film venezuelano ’Desde allà’ di Lorenzo Vigas e quello d’Argento all’argentino Pablo Trapero per ’El Clan’. “Credo che la giuria sia rimasta molto colpita dalla maturità dell’approccio di regia del film di Vigas. Perché ha vinto un’opera prima, che è anche un film che sulla carta era destinato a dividere, un film duro, un film di genere, che non concede molto allo spettatore, sorprendente, che gioca anche su un linguaggio che tende a togliere anziché aggiungere e che lascia aperta l’interpretazione del gesto finale del protagonista”. Per onestà intellettuale il direttore della Mostra Alberto Barbera ha invece tenuto a sottolineare che “non farò nomi per ovvi motivi ma posso dirvi che ci sono 2 o 3 titoli rimasti fuori che a mio avviso erano più meritevoli di altri che invece sono entrati nel palmares”. Discorso a parte merita il cinema italiano, onorato soltanto dalla meritata Coppa Volpi a Valeria Golino, ma assente nell’albo d’oro di questa Biennale: “Questo dovete chiederlo ai giurati. So che se ne è discusso. A me i quattro italiani in concorso sono sembrati quattro autori estremamente interessanti e rappresentativi in modo diverso del futuro del cinema italiano, anche Bellocchio – ha spiegato ancora Barbera – che a 75 anni si è messo in gioco con un film di una freschezza sorprendente”.
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