(Adnkronos) – Pagare tutto senza contanti. Far sparire dalla circolazione banconote e monete. Potrebbe avvenire e in un futuro più vicino di quel che pensiamo. Diversi Paesi si dirigono verso un’economia cashless, con pagamenti solo attraverso carte, bancomat e app.
Gli studi, d’altronde, dimostrano che pagare con carte e bancomat costa meno: sia per il consumatore che per il commerciante. E, inoltre, ridurre la circolazione del contante può anche aiutare l’economia di un paese. Ma è davvero questa la tendenza in atto?
Alcuni studi dicono chiaramente di sì: il Fondo monetario internazionale prevedeva, qualche anno fa, che il contante sarebbe diminuito dell’1,4% l’anno. La Banca centrale svedese prevede invece che già dal 2023 il Paese possa essere praticamente senza contanti. In Finlandia questa transazione avverrebbe nel 2029 e qualcosa di simile potrebbe avvenire anche in Norvegia. L’uso del contante è in netto calo anche in Canada: è diminuito del 40% negli ultimi cinque anni.
Poi ci sono i costi: uno studio della Banca d’Italia dimostra che pagare con il Pos costa meno dei contanti. A fronte di un costo medio dell’1% per i pagamenti elettronici, il costo privato del contante è invece più alto per diverse ragioni: dagli oneri relativi alla sicurezza (rischio di furti, assicurazioni) al costo che ricade su tutti i cittadini per stampare banconote ed effettuare i controlli anti-contraffazione.
Ma quali sono gli effetti del cashless sull’economia? In questo caso ci viene in aiuto il caso della Corea del Sud, dove sono stati introdotti incentivi fiscali per i pagamenti elettronici. In 15 anni il Paese è diventato quasi cashless e il Pil è cresciuto: a fronte di mancate entrate per 1,5 miliardi l’anno, si sono registrate maggiori entrate – con l’emersione del sommerso – per 2,6 miliardi. E il denaro contraffatto è quasi sparito: nel 2020 sono state sequestrate solo 272 banconote false.