Si è inaugurata mercoledì 21 ottobre presso lo spazio espositivo della biblioteca della facoltà di Economia dell’Università di Roma Tor Vergata la mostra “La terra degli ultimi ” di Fabrizio Jacoangeli, professore di Medicina presso la stessa Università, che sarà accessibile al pubblico sino al 21 gennaio 2016.
Il professore, fotografo amatoriale, ha riportato l’esperienza dei suoi viaggi in Etiopia, nei quali è entrato in contatto con tribù autoctone che hanno conservato la propria integrità e che rischiano di comprometterla a causa dell’incessante importazione della civiltà.
La dignità dei popoli interessati è il tema principale affrontato da Jacoangeli che si è accostato a questi ambienti con grande destrezza come osservatore esterno.
Lo spettatore è portato davanti ad ogni aspetto della realtà di popolazioni del tutto autonome che affrontano ad esempio, problematiche quotidiane con estrema semplicità senza l’ausilio di tecnologie.
L’artista vuole dunque, sottolineare il rapporto antico e naturale tra uomo ed ambiente che la società eurocentrica ha già perduto da tempo.
Gli “ultimi” il Professore definisce così le tribù delle quali ci racconta attraverso la macchina fotografica, ma ad intendere coloro che vivono a pieno l’identità da cui provengono ; gli ultimi di un mondo oramai contaminato dalla globalizzazione, dal quale non sono ancora stati investiti. Gli ultimi che vivono in una solitudine dorata preservano il fascino della loro identità, che si trova costantemente a rischio”, così il Professor Alberto Manodori Sagredo, docente di Storia e Tecnica della Fotografia presso l’ Università di Roma Tor Vergata, commenta durante la presentazione della mostra, sottolineando il rischio dell’identità a causa della continua ricerca di rinnovamento dal quale la società è investita.
In ogni fotografia l’osservatore si trova “a tu per tu” con una straordinaria realtà, l’assenza di didascalie esplicative che solitamente accompagnano l’esposizione, favorisce l’ intimo rapporto , proprio perché Jacoangeli non sente il bisogno di dover specificare ad ogni costo; porta lo spettatore in un’altra dimensione dove rimane colpito da un’ Africa integra nella sua tradizione, nonché da consuetudini e differenze.
Mary De Cubellis