(Adnkronos) – Se dovesse capitare di ritrovare, dimenticato in fondo all’armadietto delle medicine, un farmaco che per data di scadenza ha ormai il valore di un reperto archeologico, non è detto che il suo posto sia in un museo. Diversi team di scienziati sono andati a fondo alla questione per rispondere alla domanda: cosa succede dopo che i farmaci sono scaduti?
Restano efficaci, sono dannosi? E’ un nodo che si lega a un dilemma molto comune. Per esempio: usare o non usare un vecchio pacco di compresse? Non è tanto un problema per la gestione domestica degli armadietti farmaceutici, quanto per situazioni particolari, come casi di carenza, in cui “non è disponibile un’alternativa adeguata” al farmaco scaduto, segnalano gli scienziati. I risultati di questi studi, in ogni caso, “sono rassicuranti”.
E il messaggio è “semplice: non è che il giorno dopo la scadenza il farmaco può causare dei problemi o essere inefficace. Non ci si spaventi troppo”, spiega all’Adnkronos Salute Luca Pasina, a capo del Laboratorio di Farmacologia clinica e Appropriatezza prescrittiva dell’Istituto Mario Negri Irccs. La premessa è infatti che “in letteratura non è riportato nessun caso di tossicità da farmaco scaduto. Quello che normalmente può succedere è che si perde efficacia. Ma, anche qui, tutti gli studi che hanno valutato questo aspetto hanno fatto vedere che per periodi anche molto distanti dalla data di scadenza questa cosa non si verifica”.
Va a questo proposito precisato, chiarisce l’esperto, che “la scadenza indicata sulle scatole non è il risultato di uno studio di sterilità che stabilisce che dopo quella data il farmaco è sicuramente inefficace oppure potenzialmente dannoso. Non è infatti richiesto ai produttori di determinare quale sia la reale stabilità del prodotto. Quella è una data definita in maniera arbitraria dal produttore il quale, all’interno di quel preciso periodo tra la produzione e la scadenza indicata, garantisce la stabilità del prodotto e quindi si è sicuri che la quantità del principio attivo rimane la stessa e la potenza del farmaco rimane la stessa”. Ma, puntualizza Pasina, “non deve essere vista come la scadenza dopo la quale di sicuro ci sono dei rischi”.
Cosa dice la scienza? “Da un punto di vista pratico – risponde l’esperto – ci sono degli studi di letteratura che hanno indagato se alcuni prodotti perdevano quantità di principio attivo o potenza. Analisi condotte su un numero alto di farmaci”. C’è uno studio pubblicato su ‘Jama’ nel 2016 che “ha preso in considerazione più 3mila lotti su 122 tipi di farmaci diversi e ha mostrato come quasi il 90% di questi prodotti fossero stabili per oltre un anno dalla scadenza indicata e mediamente la stabilità si aggirava intorno ai 5 anni e mezzo, con una grossa variabilità, nel senso che oltre un anno la percentuale di farmaci stabili era 90% e poi c’era una quota che era del 12% con una validità superiore ai 4 anni”.
La formulazione conta. “In generale – continua Pasina – le formulazioni liquide sono quelle che hanno più rischi di perdere di stabilità, mentre normalmente le più stabili sono le formulazioni solide come le compresse. Nello studio veniva fatto anche qualche esempio: per esempio l’epinefrina (che è una formulazione liquida) perdeva di concentrazione in maniera lineare da 1 a 90 mesi dopo la scadenza. Ma, al di là di quel caso, nella maggior parte dei prodotti considerati non c’era una perdita di stabilità”.
Un altro lavoro è del 2012, pubblicato sempre su ‘Jama’, e parte da un caso specifico: in una farmacia al dettaglio vengono scoperti, nei loro contenitori originali e non aperti, 8 farmaci con 15 diversi principi attivi scaduti da tempo, 28-40 anni. E’ l’occasione buona per un’analisi a distanza ‘record’ dalla data riportata nelle confezioni. Il risultato, riferisce il farmacologo, è che in 12 su 14 dei composti testati “era presente il 90% della concentrazione di principio attivo. Solo l’aspirina e le amfetamine non avevano queste concentrazioni, ma stiamo parlando di periodi molto lunghi post scadenza. Quindi, gli studi disponibili ci dicono che nel 90% dei casi, soprattutto per le formulazioni solide, non c’è una perdita del principio attivo o una perdita di stabilità del prodotto o della sua potenza. E’ conservata quasi sempre a distanza di molti anni o molti mesi dopo la fine del periodo di stabilità indicata sulla scatola”.
Si parla in questi casi di “farmaci integri e conservati in condizioni ottimali, quindi non esposti al calore, non esposti alle radiazioni nel caso di formulazioni sensibili alla luce e conservati in luoghi asciutti a temperature stabili – precisa Padina – Anche se in realtà c’è qualche dato anche su prodotti conservati in contesti rischiosi”. La morale in ogni caso, chiarisce l’esperto, non è che si può prendere sempre qualunque cosa, “ma che non ci si dovrebbe spaventare se un farmaco è appena scaduto. E che gli studi disponibili ci confortano da questo punto di vista”.
Come smaltirli? “I medicinali rientrano fra i rifiuti urbani pericolosi e non possono essere buttati nella pattumiera – ricorda Pasina – Il farmaco va dunque portato, all’interno della propria confezione o blister, nei cesti dedicati allo smaltimento di questi prodotti”, che si trovano presso le farmacie, “ed entrerà così nel percorso di trattamento specifico dei rifiuti speciali”. Mentre la scatola esterna di cartone e il foglietto illustrativo “vanno buttati nella carta”. Altra cosa da non fare mai è svuotare i flaconi di farmaci, per esempio antibiotici in sciroppo, negli scarichi di casa, avverte ancora il farmacologo. Perché poi queste molecole con le acque reflue finiscono “nei fiumi e il rischio è di selezionare batteri resistenti”.
Se i farmaci sono stati aperti, non vanno consumati oltre il periodo indicato e vanno seguite le indicazioni contenute nel foglietto illustrativo. “Questo vale soprattutto per le formulazioni, spesso liquide, che hanno anche dei conservanti: bisogna attenersi al periodo di validità del farmaco aperto che è riportato nella scheda tecnica perché potrebbe esserci un rischio di contaminazione”, avverte Pasina. L’ultima raccomandazione è un invito a un approvviggionamento e uso corretto delle medicine: “Evitare le scorte di farmaci”, esorta l’esperto. “Spesso le persone si comprano a livello preventivo tanti medicinali, poi questi scadono e non sanno cosa farsene. Bisogna invece farsi prescrivere solo i farmaci che servono e comunque acquistare solamente quelli necessari, perché altrimenti si va incontro a questo problema”.