(Adnkronos) – “Il nostro motto non è ‘me ne frego’, ma ‘mi interessa’”! Lo ha detto il Papa incontrando in Aula Paolo VI i ragazzi dell’Azione Cattolica. “Attenti – mette in guardia Francesco – è più pericolosa di un cancro la malattia del menefreghismo tra i giovani”. In Aula Paolo VI, tra i ragazzi, c’è anche Rosy Bindi.
“Il cristiano – dice Bergoglio – si interessa alla realtà sociale e dà il proprio contributo”. Bergoglio ricorda ai giovani che “la miseria umana non è un destino che tocca ad alcuni sfortunati, ma quasi sempre il frutto di ingiustizie da estirpare”.
A inizio discorso il Papa osserva: “Vi dico subito che apprezzo molto il fatto che a voi sta a cuore la parrocchia. Anche a me sta a cuore! Ma io sono di un’altra generazione. Sono nato e cresciuto in un contesto sociale ed ecclesiale diverso, quando la parrocchia – con il suo parroco – era un punto di riferimento centrale per la vita della gente: la Messa domenicale, la catechesi, i sacramenti… La realtà socio-culturale in cui vivete voi è molto cambiata, lo sappiamo; e già da tempo – prima in altri Paesi, poi anche in Italia – la missione della Chiesa è stata ripensata, in particolare la parrocchia. Ma, in tutto questo, rimane una cosa essenziale: per noi, per me e per voi, per il nostro cammino di fede e di crescita, l’esperienza parrocchiale è stata ed è importante. Insostituibile. E l’ambiente ‘normale’ dove abbiamo imparato ad ascoltare il Vangelo, a conoscere il Signore Gesù, ad offrire un servizio con gratuità, a pregare in comunità, a condividere progetti e iniziative, a sentirci parte del popolo santo di Dio”.
“Dunque – osserva Francesco – cari giovani, siamo di generazioni diverse, ma abbiamo in comune l’amore per la Chiesa e la passione per la parrocchia, che è la Chiesa in mezzo alle case, in mezzo al popolo. E sulla base di questa passione vorrei condividere con voi alcune sottolineature, cercando di sintonizzarmi con il vostro cammino e il vostro impegno. Anzitutto, voi volete contribuire a far crescere la Chiesa nella fraternità. Vi ringrazio! Su questo siamo perfettamente sintonizzati. Sì, ma come farlo? Prima di tutto, non spaventatevi se – come avete notato – nelle comunità vedete che è un po’ debole la dimensione comunitaria. E una cosa molto importante, ma non spaventatevi, perché si tratta di un dato sociale, che si è aggravato con la pandemia”.
Oggi, specialmente i giovani, sono estremamente diversi rispetto a 50 anni fa: non c’è più la voglia di fare riunioni, dibattiti, assemblee… Per un verso, è una cosa buona, anche per voi: l’Azione Cattolica non dev’essere una ‘Sessione’ Cattolica – ammonisce – e la Chiesa non va avanti con le riunioni. Ma, per altro verso, l’individualismo, la chiusura nel privato o in piccoli gruppetti, la tendenza a relazionarsi “a distanza” contagiano anche le comunità cristiane. Se ci verifichiamo, siamo tutti un po’ influenzati da questa cultura. Dunque bisogna reagire, e anche voi potete farlo incominciando con un lavoro su voi stessi”.