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    Governo, la linguista: “Il presidente Meloni? Grammatica dice ‘no’, ma lei ha diritto”

    (Adnkronos) – Secondo la grammatica italiana Giorgia Meloni dovrebbe essere chiamata la presidente. Ma, dal punto di vista della consuetudine sociale, se la presidente desidera essere indicata come il presidente ne ha diritto. E’ l’indicazione della linguista Valeria della Valle, condirettrice del Dizionario della Lingua Italiana Treccani, la quale conversando con l’AdnKronos si esprime sulla richiesta avanzata dal premier Giorgia Meloni di essere chiamata al maschile anziché al femminile. “Se vogliamo stare alla grammatica e all’aggiornamento della lingua italiana – afferma infatti – Giorgia Meloni deve essere chiamata ‘la presidente’ visto che appartiene al genere femminile così come diciamo la giudice, la rettrice. Questa è la risposta linguistica”.  

    Sotto il profilo invece della consuetudine sociale, osserva la studiosa, “se la presidente vuole essere chiamata in questo modo ne ha tutto il diritto. Così come ne ha diritto la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi che rifiuta di essere chiamata direttrice d’orchestra e vuole essere chiamata direttore. Mai una persona che fa il mio mestiere direbbe che va imposto un uso al posto di un altro. Dico solo qual è la forma che rispetta la lingua italiana. Se poi alcune donne rifiutano queste regole ne hanno tutto il diritto. In Italia, durante il fascismo, c’è stata una politica linguistica. Ora, invece, non siamo nel fascismo: se queste persone amano essere declinate al maschile è una loro scelta personale e ideologica che non corrisponde all’uso grammaticale”. Il fatto di declinare al maschile o al femminile una carica, aggiunge la linguista, “è una consuetudine. Probabilmente tra cinquant’anni non faremo più questi discorsi perché si dirà normalmente la presidente, la giudice, la ministra e la sindaca. Ci vuole tempo”, sottolinea la linguista.  

    Quanto poi alla nuova denominazione di alcuni ministeri, come ad esempio l’introduzione del dicastero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, la linguista evidenzia che “l’uso dell’espressione ‘Sovranità alimentare’ per indicare il nuovo ministero risente probabilmente dell’influenza del corrispondente ‘Ministère de l’Agriculture et de la Souveraineté alimentaire’ francese. Del resto questa espressione era già in uso da tempo, anche da parte della sinistra, per indicare il principio in base al quale le nazioni devono poter definire una propria politica agricola e alimentare in base alle proprie necessità. Si tratterà di abituarsi, come era avvenuto col termine ‘resilienza’ nel governo precedente col ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza’. Da allora ‘resilienza’ è diventata parola usatissima, a proposito e a sproposito”, conclude la linguista.