(Adnkronos) – La ‘cerimonia della campanella’ che formalizza il passaggio di consegne da un premier all’altro nasce 26 anni fa. Esattamente nel maggio del ’96, quando Romando Prodi, leader dell’Ulivo, subentrò al tecnico Lamberto Dini. Da allora ha segnato il cambio della guardia a palazzo Chigi. Anche domani mattina, alle 10.30, il rito si ripeterà, come nelle migliori delle tradizioni, nella sala dei Galeoni, tra Mario Draghi e Giorgia Meloni assicurando alla prima donna presidente del Consiglio le ‘piene funzioni’.
Toccherà a un commesso consegnare su un apposito vassoio alla leader di via della Scrofa la campanellina dorata con la quale ‘dirigerà’ le riunioni del Cdm nella sala del Mappamondo, a favore di telecamere, tra i flash dei fotografi presenti. Se la volta scorsa il passaggio di testimone tra Giuseppe Conte e Mario Draghi in tempo di Covid fu segnato dall’amuchina, giusto un anno prima, si creò un vero e proprio caso, perché si svolse con una formula più inedita del solito, visto che il premier Conte per il suo bis decise di non rinunciare allo scampanellio, succedendo a se stesso.
A memoria dei cronisti parlamentari, dal ’96, oltre al Conte bis, si contano solo due precedenti di un capo del governo che subentra a se stesso: Massimo D’Alema, che passò il testimone dal primo al suo secondo governo, nel ’99, e Silvio Berlusconi, nel passaggio dal bis al ter, nel 2005. In entrambi i casi, però, sembra che la campanella non sia stata mai ‘suonata’. Almeno davanti ai media.
Altra curiosità legata all’insediamento del nuovo governo, fu il gelo dell’uscente Enrico Letta nei confronti di Matteo Renzi nel 2014. Allora Letta non attese, come è consuetudine, il neo premier ai piedi dello scalone d’onore ma nel suo studio. E con il viso quasi girato, pur di non incrociare lo sguardo dell’ex rottamatore, gli mise in mano la campanella con cui si dà inizio ai Consigli dei ministri. Tetro in volto, dopo una fugace stretta di mano finale a Renzi, Letta ignorò Graziano Delrio, lasciando al suo sottosegretario Filippo Patroni Griffi l’onere di accomiatarsi con un sorriso dalla Sala dei Galeoni.
L’unico precedente in termini di ‘freddezza’ è datato 1987, quando Bettino Craxi non passò le consegne ad Amintore Fanfani. Ma in generale un sorriso, anche se tra i denti, e la stretta di mano un po’ forzata davanti ai fotografi, con la campanella in primo piano, faceva parte della prassi. L’avevano rispettata anche un amareggiato Berlusconi, quando dovette cedere all’ingresso di Mario Monti, e Prodi il giorno dell’arrivo di D’Alema alla presidenza del Consiglio.