(Adnkronos) – Ha interpretato soprattutto delinquenti, sicari e ogni altro personaggio nefasto o minaccioso, ma era orgoglioso della sua capacità di recitare ogni cattivo in modo diverso: l’attore statunitense Henry Silva, protagonista di 140 film tra i quali “Colpo grosso”, “Va’ e uccidi” e “Johnny Cool, messaggero di morte”, è morto alla vigilia del 96esimo compleanno mercoledì 14 settembre per cause naturali al Motion Picture & Television Country House and Hospital di Woodland Hills a Los Angeles, come ha annunciato il figlio Scott Silva a “The Hollywood Reporter”.
Figlio unico di genitori di origini siciliane e spagnole – aveva smentito le voci che lo volevano portoricano – Silva era nato a New York, nel quartiere di Brooklyn, il 15 settembre 1926 ed era cresciuto ad Harlem. Era stato ribattezzato “l’attore con la faccia di gomma” per il suo volto caratteristico per impassibilità e durezza dell’espressione. Accanto ad una lunga e fortuna carriera ad Hollywood, ebbe successo anche Italia partecipando a pellicole del filone western e di quello poliziottesco, con titoli come “La mala ordina” (1972) e “Il boss” (1973), entrambi diretti da Fernando Di Leo, “Milano odia: la polizia non può sparare” (1974) di Umberto Lenzi (1974), “Fatevi vivi, la polizia non interverrà” (1974) di Giovanni Fago e “L’uomo della strada fa giustizia” (1975) ancora di Lenzi.
Tra i tanti film, Silva ha interpretato “Un cappello pieno di pioggia” (1957) di Fred Zinnemann, “Sfida nella città morta” (1958) di John Sturges, “I ribelli del Kansas” (1959) di Melvin Frank (1959), “Tre contro tutti” (1962), sempre di Sturges. E’ stato il comandante draconiano killer Kane in “Capitan Rogers nel 25° secolo” (1979) ed ha recitato in “Pelle di sbirro” (1981) di Burt Reynolds, “Obiettivo mortale” (1982) di Richard Brooks, “Dick Tracy” (1990) di Warren Beatty (1990), “Una chiamata nella notte” (1993) di Fred Williamson, “Crimini invisibili” (1996) di Wim Wenders (1997), “Ghost Dog – Il codice del samurai” (1999) di Jim Jarmusch.
Nel 1955 Henry Silva venne ammesso all’Actors Studio di New York dove partecipò all’allestimento teatrale di “Un cappello pieno di pioggia” di Michael V. Gazzo con Paul Richards e Anthony Franciosa. Dopo essere apparso a Broadway nel 1955-56 nel ruolo del pusher chiamato Mother in “Un cappello pieno di pioggia”, Silva riprese il ruolo per la versione cinematografica del 1957 diretta da Zinnemann (lui e Franciosa furono gli unici attori a fare il salto dal palcoscenico al grande schermo).
Fu di nuovo minaccioso nel ruolo del malvagio agente coreano Chunjin in “The Manchurian Candidate” (1962) di John Frankenheimer, titolo tradotto in italiano “Va’ e uccidi”, uno dei quattro film che girò con Frank Sinatra.
Silva è apparso con Sinatra anche in “Ocean’s 11” (1960, in italiano “Colpo grosso”) nel ruolo di uno dei ladri del casinò di Las Vegas, in “Tre contro tutti” (1962) nel ruolo di un nativo americano di nome Mountain Hawk, e in “La corsa più pazza d’America n. 2” (1984) nel ruolo di uno scagnozzo di nome Slim.
Henry Silva fu legato al cosiddetto ‘Rat Pack’ (letteralmente “branco di ratti”), il nome con cui tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 venne soprannominato il gruppo di attori formato da Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis Jr., Peter Lawford e Joey Bishop. I suoi legami con il ‘Rat Pack’ sono stati evidenti quando interpretò un sicario di origine siciliana in “Johnny Cool, messaggero di morte” (1963) di William Asher (1963), un classico cult del neo-noir prodotto da Peter Lawford e con camei di Joey Bishop e Sammy Davis Jr.
Dopo aver interpretato il ruolo dell’agente segreto giapponese in “Il ritorno del signor Moto” (1965), riprendendo la parte originata da Peter Lorre in una serie di film degli anni Trenta, nel 1966 Silva si trasferì in Italia e in Spagna per girare “Le colline scorrono rosse”, primo spaghetti western, seguito da “I dominatori della prateria” e “Un fiume di dollari” di Carlo Lizzani (1966).
In seguito ha girato decine di film in Europa, la maggior parte dei quali di genere poliziottesco. “La cosa buffa”, disse Silva in un’intervista del 1971, “è che negli Usa mi vedono come un cattivo, mentre in Europa mi vedono come un eroe”. Silva parlava correntemente l’italiano e lo spagnolo, il che lo rese naturale per i suoi lavori europei: tra gli altri “Assassination” (1967) di Emilio P. Miraglia, “Matchless” (1967) di Alberto Lattuada, “Quella carogna dell’ispettore Sterling” (1968), sempre di Miraglia, “Probabilità zero” (1969) di Maurizio Lucidi (1969), “Quelli che contano” (1972) di Andrea Bianchi, “Zanna Bianca alla riscossa” (1974) di Tonino Ricci, “Il trucido e lo sbirro” (1976) di Lenzi, “Poliziotti violenti” (1976) di Michele Massimo Tarantini, “Napoli spara!” (1977) di Mario Caiano (1977).
Pur continuando a recitare in varie occasioni in film italiani, nel 1977 Silva ritornò in patria, dove partecipò al film “Tiro incrociato” (1979) di Stuart Rosenberg.
Dopo numerose pellicole minori, nel 1983 la sua carriera ebbe un rilancio grazie al film “Fuga dal Bronx” di Enzo G. Castellari, nel quale ritornò a essere protagonista. Ha avuto ruoli da protagonista in “Il codice del silenzio” (1985) insieme a Chuck Norris, “Gli avventurieri della città perduta” (1986), “Nico” (1988) di Andrew Davis, “L’ultima partita” (1990), l’ultimo girato in Italia con la regia di Fabrizio De Angelis (1990), e “Una chiamata nella notte” (1997) con Peter Fonda.
L’ultima sua apparizione cinematografica risale al 2001, in un cameo nel film “Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco” di Steven Soderbergh.
(di Paolo Martini)