(Adnkronos) – Ripristinare il servizio militare in Italia? No. La proposta di Matteo Salvini, in vista delle elezioni politiche 2022 del 25 settembre, viene stoppata dagli esperti interpellati dall’Adnkronos. “L’esercito non è una specie di riformatorio o ente morale che raddrizza le persone, i giovani: con una proposta del genere sembra che all’esercito venga delegato il compito di educare, di formare cittadini e renderli consapevoli. Prima di arrivare all’esercito però ci sono i genitori, la scuola, gli amici, la società, università e poi forse anche l’esercito”, dice il generale Paolo Capitini, docente di Storia militare alla Scuola Sottufficiali dell’Esercito di Viterbo. “E allora perché non li mandiamo tutti nelle forze dell’ordine? Così imparano benissimo cosa è la legge e a rispettarla, -aggiunge provocatoriamente Capitini – e se vogliamo spaventarli mandiamoli nella polizia penitenziaria così capiscono cosa significa”.
“E’ una di quelle battute che non sta né in cielo né in terra e poi dopo 20 -25 anni di professionismo solo l’idea di riaprire le caserme, far ripartire i contratti per vestirli ed equipaggiarli, armarli e soprattutto per dar loro un compito non è proprio fattibile. – cobtinbua Capitini – E poi che fanno? La guerra, la pace, combattono le frane…? Sembra come quando i genitori arrabbiati dicono ai figli ‘guarda che ti mando in collegio!’, siamo seri. Perché invece non si pensa a potenziare settori che sono in difficoltà come i vigili del fuoco? E poi non è neanche il momento di dire cose del genere con una guerra in corso”.
“Perché invece non pensiamo a rinnovare il nostro esercito? La Polonia ha avviato un programma da svariati miliardi di euro e che vede l’acquisto di 700 cannoni e più di mille carri armati, noi non arriviamo a 100 carri armati e non sappiamo se camminano. – ha concluso Capitini – Se si vuole fare veramente qualcosa si faccia qualcosa per rinforzare la difesa”.
Per il generale Marco Bertolini, ex capo del Coi, “un anno di servizio militare? Un’ottima idea se fosse percorribile. Sarebbe un momento di formazione per i ragazzi molto importante, verrebbero educati all’idea che devono qualcosa alla comunità, non devono soltanto pretendere, hanno dei doveri prima di avere dei diritti e il fatto di dovere alla comunità e al paese un anno della propria vita è stato importante per tutte le generazioni passate”.
“Credo che da un punto di vista morale ed educativo sarebbe sicuramente molto importante. – ha aggiunto Bertolini – Da un punto di vista operativo ci consentirebbe di avere una riserva cosa che non abbiamo. Attualmente l’esercito è a ranghi molto ridotti e molto inferiori a quelli che dovrebbe avere un paese della nostra taglia e nostra posizione geografica. La guerra in Ucraina ha dimostrato quanto la massa sia importante quanto la qualità e per avere questo potenziale umano è necessario attingere anche alle riserve che sono il personale che ha fatto il servizio militare, quindi è già addestrato, ma è rientrato nella società civile. Ed ora non ne abbiamo”.
“Da un punto di vista organizzativo però c’è da dire che tutte quelle strutture che noi avevamo, i distretti militari, gli ospedali militari, le commissioni di leva, – ha proseguito Bertolini – tutta quella professionalità diffusa sul territorio nazionale che aveva appunto il compito di iscrivere al ruolo i 18enni, portarli a fare le visite mediche, successivamente mandare le cartoline rosa per e così via, tutto questo non c’è più. Lo abbiamo frettolosamente abbandonato e per ricrearlo non c’è nessuna bacchetta magica. E poi il patrimonio immobiliare di caserme che avevamo, una parte di quel patrimonio è stato abbandonato e molte delle caserme attualmente in uso sono in condizioni molto precarie – ha concluso Bertolini – perché i finanziamenti per la loro manutenzione si sono rarefatti sempre di più a causa della crescente e sciocca disattenzione della nostra dirigenza politica nei confronti delle forze armate, scambiate per un’alternativa alla protezione civile o un rinforzo da utilizzare a favore delle forze dell’ordine, mentre i soldati non sono né protettori civili né poliziotti. Sarebbe bello ma per farlo non basta un decreto si tratterebbe di dover utilizzare risorse che non ci sono”.
“Non si può ritenere di ripristinare il servizio militare di leva come lo abbiamo avuto fino al 2005, troppo complicato sia da un punto di vista organizzativo e soprattutto da un punto di vista funzionale”, spiega il generale Giorgio Battisti, primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan e membro del Comitato Atlantico Italiano.
“Non ci sono infrastrutture sufficienti, gli equipaggiamento che prima si trovavano nei magazzini proprio per i ragazzi chiamati alla leva, non sono più disponibili -aggiunge Battisti – Ripristinare la leva come 17 anni fa non è possibile. Credo che bisognerebbe pensare a un nuovo modello di formazione dei giovani”.
“Io sono convinto che se ci fosse la volontà politica e una condivisione interministeriale si potrebbe pensare a un periodo, non voglio dire di ‘leva’ che potrebbe spaventare, ma un periodo di servizio per la difesa nazionale, – spiega Battisti – della durata di alcuni mesi, a inquadramento militare, che dovrebbe assorbire il ‘Servizio Civile Universale’ ed essere rivolto ad attività di pubblica utilità (assistenza, tutela ambientale ambiente, educazione e promozione culturale, patrimonio artistico e culturale, ecc.) ed a interventi di protezione civile a favore della popolazione in caso di calamità naturali o disastri provocati dall’uomo. Dovrebbe essere svolto su base provinciale per brevi periodi di richiamo per due o tre settimane per non compromettere il percorso scolastico e non gravare sulle famiglie”.
“Lo scopo del servizio sarebbe quello di rafforzare il senso di appartenenza al Paese – chiarisce-, ma anche di imparare il rispetto delle regole della società e della vita di gruppo, e contribuire così alla formazione civica, sociale e culturale dei giovani. Consentirebbe anche di effettuare lo screening sanitario per tutti i giovani venuto meno con la sospensione della leva. Per la realizzazione di questo ‘servizio’ potrebbero essere di grande aiuto le Associazioni combattentistiche e d’arma che avendo grande esperienza nella gestione del personale possono essere utilizzate per seguire la formazione dei giovani”, conclude.