(Adnkronos) – “Riconoscenza dobbiamo alla nostra Costituzione; ma questo sentimento non ci deve impedire la riflessione critica e l’impegno politico per valutarla nel confronto dei mutati tempi, e quindi per migliorarla ed ammodernarla”, evitando quindi di trasformarla “in un feticcio”, tradendo così “lo spirito e i valori della Costituzione del 1948. Quello che si chiede è un nuovo patto nazionale da porre a fondamento delle rinnovate istituzioni democratiche e repubblicane: né la Storia recente né quella passata, né velo consunto di ideologie o fantasmi di utopie, o animus di rivincita o rivalsa, né spirito da vinti o da vincitori -poiché quando è la libertà che vince tutti hanno vinto- può porre ostacoli, a questo incontro di cittadini e di forze politiche, per un nuovo patto per una rinnovata Repubblica. Oggi abbiamo bisogno di una democrazia compiuta e governante”. Mentre la campagna elettorale si infiamma sulle ipotesi di riforma costituzionale per introdurre il presidenzialismo, tornano attuali le parole messe nero su bianco trent’anni or sono da Francesco Cossiga, di cui il prossimo 17 agosto ricorre il dodicesimo anniversario della morte, nel messaggio dedicato proprio alle riforme istituzionali che da Presidente della Repubblica inviò al Parlamento il 26 giugno del 1991, ad un anno dalla fine del suo mandato e dalla conclusione della decima legislatura.
Osservazioni che entravano nei contenuti di questioni dibattute già nell’Assemblea costituente e poi negli anni successivi all’entrata in vigore della Carta costituzionale, ma anche nel metodo da adottare per attuare un’efficace modifica dell’ordinamento repubblicano.
“Sono importanti, certamente, le scelte di merito: presidenzialismo, semipresidenzialismo, cancellierato, Governo del Primo ministro e così via. Ma altrettanto importanti -ammoniva l’allora Capo dello Stato- sono, sotto il profilo dell’acquisizione di un reale consenso alle istituzioni che si vanno a costituire, le scelte delle procedure attraverso le quali operare le scelte di merito. Guai se le opzioni da adottare fossero intese come accordi contrattualistici di potere fra i partiti! Guai se le scelte da attuare fossero sentite come ispirate non dall’interesse generale, ma dalla volontà pervicace di conservare e gestire comunque la quota di potere conquistato e mantenuto, magari sotto forma di rendita di un sistema che, allora sì, sarebbe destinato ad un rapido e non rimpianto declino!”
“Ciò che appare indilazionabile -ricordava l’allora Capo dello Stato con parole che in qualche modo possono rappresentare un punto di riferimento nelle polemiche e nel dibattito in corso in queste ore- è restituire poteri efficienti e responsabilità riconoscibili alle istanze di governo, mediante un loro diretto fondamento democratico. Questa finalità può essere perseguita sia con la forma di governo parlamentare, sia con il sistema presidenziale, secondo l’esperienza delle democrazie pluralistiche occidentali.
“Parlare di rinnovamento delle istituzioni e considerare questo problema come prioritario, non significa -avvertiva ancora Cossiga- dimenticare o non riconoscere il grande valore che la Costituzione del 1948 ha per la storia e nella storia del nostro Paese, una Costituzione che è stata il frutto di lotte gloriose che hanno segnato il completamento del nostro processo risorgimentale, di cui fu sempre sogno ricorrente e mai avverato quello di una Assemblea costituente”.
“Una cosa è parlare con senso di giusta sacralità della Costituzione del 1948, come insieme di principi, valori, istituzioni, in cui si è coagulato il frutto di una battaglia ideale e di una lotta per la libertà e per il riscatto nazionale; altra cosa è parlare di rinnovamento delle istituzioni. Chi però ritenesse che invocare una stagione di riforme istituzionali significhi non onorare chi è caduto nella Resistenza, chi ha lottato contro la dittatura, chi ha pagato nelle galere, perché l’Assemblea costituente potesse essere convocata, chi ha comunque servito o cercato di servire la patria, perché il popolo potesse liberamente darsi nuovi ordinamenti, scegliendo con voto diretto fra Monarchia e Repubblica, perché l’Assemblea costituente potesse liberamente deliberare la nostra Costituzione; chi ritenesse di nascondersi dentro questa Costituzione, dietro questa Costituzione e, trasformatala in un feticcio, volesse sbarrare la strada a quella che è la legittima richiesta di nuove istituzioni, in realtà -concludeva Cossiga- tradirebbe e lo spirito e i valori della Costituzione del 1948”.