(Adnkronos) – Esplorare l’embrione umano con l’intelligenza artificiale. Obiettivo: valutarne al meglio le caratteristiche prima dell’impianto. Un team di esperti ha combinato insieme 5 moduli di analisi delle immagini utilizzando appunto la visione artificiale e, secondo uno studio presentato a Milano durante il 38esimo meeting annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre), ha ottenuto un’accuratezza del 90% nella previsione di embrioni cromosomicamente normali. La metodica è stata messa a punto da Ivi, realtà internazionale specializzata in riproduzione assistita. E sono 2.500 gli embrioni analizzati.
Secondo i risultati illustrati nel capoluogo lombardo, la percentuale di accuratezza è “vicina a quella ottenuta dallo studio convenzionale sull’embrione”, ma la tecnica è “meno invasiva”. Lo studio, che punta a migliorare sempre di più la pratica di scelta dell’embrione da impiantare nell’iter della procreazione assistita, è stato guidato da Marcos Meseguer, embriologo e supervisore scientifico di Ivi Valencia. “Essere in grado di valutare il potenziale di impianto dell’embrione in questo modo ci consente di migliorare l’efficienza di un processo fondamentale nella riproduzione assistita, come la coltura e la selezione degli embrioni”, ha spiegato Francesco Gebbia, ginecologo, specialista in medicina della riproduzione.
Il nuovo metodo consiste nella rielaborazione di dati attraverso complessi algoritmi che evitano di dover manipolare l’embrione, effettuare biopsie ed estrarre cellule, “ottenendo così un’elevata capacità di successo nell’individuazione di embrioni vitali da trasferire nell’utero della madre”. Gli esperti hanno spiegato che queste percentuali “in precedenza venivano ottenute solo con metodiche molto invasive”. La tecnica utilizzata nella ricerca invece “non è invasiva” ed è “universale, standardizzata e automatica” e migliorerebbe gli attuali metodi di valutazione degli embrioni.
“Il focus di questo studio – ha aggiunto Daniela Galliano, direttrice della Clinica Pma di Roma, specialista in ginecologia, ostetricia e medicina della riproduzione – risponde a una realtà indiscutibile: lo sviluppo embrionale non avviene allo stesso modo negli embrioni euploidi (cromosomicamente normali) e aneuploidi (cromosomicamente anormali). A questo punto, l’Intelligenza Artificiale potrebbe prevedere la ploidia? I 5 moduli che siamo stati in grado di analizzare e combinare ci mostrano che sì, sarebbe possibile e affidabile”.
Quali sono gli aspetti studiati? In primo luogo, i parametri morfocinetici, modulo che fa riferimento ai momenti in cui si verificano gli eventi più importanti dello sviluppo embrionale, cioè quando l’embrione si divide in cellule fino a raggiungere lo stadio di blastocisti. Quello che gli esperti hanno verificato è che, se un embrione arriva più tardi in un evento, rispetto a un embrione euploide preso come riferimento, “la sua probabilità di essere aneuploide aumenta considerevolmente”, ha spiegato Gebbia. Il secondo aspetto è la morfologia embrionale: lo studio automatizzato di questo parametro mostra che gli embrioni con una buona morfologia hanno maggiori probabilità di essere cromosomicamente normali. La morfologia stessa ha una capacità predittiva del 68% per l’aneuploidia.
Terzo punto: l’attività cellulare: Questo modulo consiste nel misurare il diametro di una cellula e la somma di tutti i diametri delle cellule dell’embrione in un momento specifico del suo sviluppo (da 2 a 8 cellule). “Questo calcola automaticamente i valori che vengono poi analizzati per 160 immagini, risultando in embrioni cromosomicamente anormali o aneuploidi con una lunghezza di diametro maggiore”. Questo perché impiegano più tempo a dividersi, la scissione produce molti movimenti e quindi aumenta la misurazione “, ha proseguito Gebbia.
Il quarto modulo riguarda poi l’attività mitocondriale: si tratta di associare la più piccola dimensione analizzabile per quanto riguarda l’immagine, che è un pixel, con la dimensione di un mitocondrio. Gli embrioni aneuploidi hanno un numero diverso di pixel rispetto agli embrioni euploidi, quindi questo modulo aiuta a prevedere l’aneuploidia con una precisione del 77%. Ultimo modulo: deformazione/restringimento: il restringimento si verifica in circa il 20% degli embrioni. Dopo aver analizzato automaticamente questo evento, si osserva che si verifica più frequentemente negli embrioni aneuploidi.
“In breve, la visione artificiale ci consente di emulare le capacità dei nostri occhi sui computer – ha concluso Gebbia – In altre parole, mira ad acquisire, elaborare, analizzare e comprendere immagini del mondo reale al fine di produrre informazioni numeriche o simboliche che possono essere elaborate da un computer. E questo alla fine ci consente di verificare che gli embrioni si comportino in modo diverso durante il loro sviluppo in base al loro contenuto cromosomico e quindi ottimizzare il processo di studio degli embrioni e la valutazione di embrioni normali e vitali per il trasferimento”. La strategia messa a punto dagli scienziati utilizza un complesso algoritmo sviluppato da Ivi Valencia in collaborazione con la società israeliana Aivf.
Gli esperti ritengono che possa avere un impatto sull’aumento dei tassi di gestazione, fornire una previsione obiettiva e affidabile utilizzando una tecnica veloce ed economica. “La cornice internazionale del Congresso di Milano – ha chiosato Galliano – è stata l’occasione anche per un confronto costruttivo per un unico obiettivo: guardare al passato per tracciare nuovi percorsi per il futuro della procreazione medicalmente assistita e verso tecniche sempre più all’avanguardia, in maniera da aiutare a realizzare il desiderio di genitorialità delle tante coppie che per vari motivi sono costrette a ritardare il loro percorso”.