(Adnkronos) – “Valerio Del Grosso ha agito con la chiara previsione e volizione della morte o del grave ferimento della vittima, indifferente al risultato perché, sul momento, era preso solo dalla foga di portare a termine la rapina”. E’ quanto scrivono i giudici della Corte di Assise di Roma nelle motivazioni della sentenza dello scorso 29 marzo per l’omicidio di Luca Sacchi, ucciso con un colpo di pistola alla testa nella notte tra il 23 e 24 ottobre 2019 davanti a un pub nella zona di Colli Albani a Roma.
“L’azione omicidiaria è stata lo sviluppo fisiologico della violenza fisica che in sede di programmazione criminosa gli imputati avevano concordemente accettato di porre in essere, come è dimostrato dall’essersi muniti di mazza e pistola carica, pronta all’uso, e dalla violenta aggressione del Pirino seguita, nel giro di qualche secondo, dall’esplosione del colpo da parte” di Del Grosso.
Per il delitto Valerio Del Grosso, autore materiale dell’omicidio, è stato condannato a 27 anni mentre il suo complice nell’aggressione, Paolo Pirino, è stato condannato a 25 anni, così come Marcello De Propris, che consegnò l’arma del delitto. Per la fidanzata di Sacchi, Anastasiya Kylemnyk, accusata di violazione della legge sugli stupefacenti, i giudici hanno deciso una condanna a 3 anni mentre era stato assolto Armando De Propris, mentre l’amico di Luca, Giovanni Princi, fu arrestato e portato in carcere. Per questi fatti Princi ha concordato in appello una pena di tre anni. “Ci fu violenza gratuita. Luca Sacchi aveva tutta la vita davanti” aveva detto la pm Giulia Guccione nella sua requisitoria dello scorso 11 febbraio.
“Non vi è dubbio che Del Grosso, esplodendo il colpo, si rappresentò che Luca Sacchi potesse morire, accettando il rischio pur di conseguire l’obiettivo perseguito – si legge nelle motivazioni – . Egli era pienamente consapevole sia della offensività del mezzo adoperato che delle conseguenze del tutto prevedibili che dalla sua azione potevano derivare, la morte o il grave ferimento della vittima, e ciò anche a ritenere che fosse la prima volta che prendeva in mano un’arma da fuoco, avendo escluso la possibilità di un’esplosione accidentale del colpo sia sotto un profilo strettamente tecnico che sulla scorta del materiale testimoniale e dell’ulteriore tassello rappresentato dalle captazioni in carcere”.
“Alla stregua del quadro probatorio, è provato che Del Grosso e Pirino agirono all’unisono la sera del 23 ottobre. Pirino era partecipe della compravendita di stupefacente col ruolo precipuo di prestare ausilio al complice Del Grosso proprio in ragione della sua ‘esperienza’ in tali illeciti” sottolineano i giudici. Pirino, quindi “al pari del complice Del Grosso, era ben consapevole che si trattava di compiere un’azione affatto semplice, molto distante dal semplice scippo di una borsa che ha inteso proporre”. Quanto a Marcello De Propris, “è indubbio, alla stregua di tali risultanze, il contributo morale, in termini di rafforzamento del proposito delittuoso, e materiale prestato alla commissione dell’omicidio oltre che della rapina, quale fornitore dell’arma carica e pronta all’uso in un contesto fattuale che rendeva altamente probabile il suo effettivo utilizzo, come in effetti si è verificato”.
Per quanto riguarda “l’adesione” di Anastasiya Kylemnyk “al disegno criminoso non è venuta meno dopo la consumazione della rapina e dell’azione omicidiaria nei confronti di Luca, che giaceva a terra esanime fra le sue braccia, e neppure alla sua morte, perché l’imputata ha taciuto circostanze fondamentali per la ricostruzione della dinamica dei fatti e dei suoi autori, contribuendo altresì nell’immediatezza alla messa in sicurezza della somma di denaro che custodiva nella sua auto (dove probabilmente l’aveva personalmente riposta) dando le chiavi a Princi che, come detto, avrà come primo pensiero, dopo aver lasciato in ospedale il fratello del Sacchi, di tornare presso il pub e recuperare l’auto con il denaro”, scrivono ancora i giudici
“Tutti gli elementi probatori esaminati, unitariamente valutati, sono dimostrativi nei termini di certezza che la Kylemnyk non era né inconsapevole, né indifferente in relazione alla compravendita della droga e tantomeno mantenne un atteggiamento passivo rispetto alla condotta illecita di Princi e degli altri – sottolineano i giudici – Le modalità comportamentali dell’imputata la sera del 23 ottobre 2019, rapportate anche a quanto emerso per i giorni precedenti e rispetto alla condotta successiva, alla scarsa credibilità ed inverosimiglianza del suo dichiarato, provano che ella era consenziente alla compravendita di stupefacente e perciò custodì e portò con sé, nel suo zaino, il denaro contropartita della droga, con ciò realizzando sia il contributo oggettivo sia quello soggettivo richiesto per la configurabilità della condotta di partecipazione contestatale”.
“Quanto al profilo oggettivo, si rileva che l’aver custodito e portato nel suo zaino la consistente somma di circa 70mila euro che di lì a poco, secondo gli accordi, avrebbe dovuto essere consegnata quale corrispettivo di circa 15 chili di marijuana, integra senz’altro quel contributo causale, affatto marginale o secondario” concludono i giudici.