(Adnkronos) – “Non sono né Mohamed Lamine Salda, detto Simba La Rue, né Amine Amagour, detto Baby Touche, i due giovani rapper di successo che si sono picchiati e accoltellati nella bergamasca. E infatti il loro è un duello assai più civile, che si nutre di parole e contrasti del tutto politici. Ma certo, tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio il conflitto ha raggiunto ormai punte estreme, inusitate per una formazione, il M5S, che si piccava di essere nuova, diversa e immune dai difetti e dai litigi della politica d’antan.
Nel loro caso s’intende che i coltelli sono puramente metaforici. E tuttavia sono politicamente affilati, da una parte e dall’altra. L’ex presidente Conte non fa mistero di volersi differenziare da Draghi e dalla sua politica, soprattutto sul fronte ucraino. Mentre il ministro Di Maio di quel governo fa parte in veste di capo della diplomazia, e quella politica condivide, anche e soprattutto sul versante internazionale. Dunque è evidente che le loro strade tendono a dividersi su di un punto che è fondamentale per il paese e per entrambi. Peraltro ormai nessuno dei due fa mostra di voler diplomatizzare il dissenso reciproco. Anzi, pare quasi che ormai provino un certo gusto a contraddirsi -cosa che negli ultimi giorni hanno fatto con una evidente, reciproca avversione.
Si vedrà nelle prossime ore, quando il Parlamento sarà chiamato a votare sulle armi che il governo italiano intende destinare a Kiev, se questa disputa metterà in forse la stabilità dell’esecutivo. Ma è evidente che, comunque vada, essa avrà riflessi sull’unità e l’identità del M5S. Forse fino al punto di divaricare le sue anime, chiamiamole così, dando infine vita a due formazioni. O quantomeno terremotando i suoi equilibri interni.
Non è una novità di poco conto. Intanto perché stiamo parlando, a tutt’oggi, del gruppo parlamentare più numeroso di questa legislatura. E poi, appunto, perché il movimento che fu di Grillo aveva la pretesa di incarnare una novità nel nostro costume politico, sgombrando il campo da tutte quelle vicissitudini e rivalità e intrighi e congiure che gli antichi professionisti della politica di una volta erano soliti infliggere ai loro partiti. E invece l’evoluzione del grillismo lo porta sempre più ad assomigliare ai difetti dei predecessori. Senza la loro sapienza politica, per giunta.
Così, anche i cinque stelle, perfino loro, sembrano organizzarsi a questo punto in correnti, fazioni e gruppi contrapposti. Laddove la loro contrapposizione passa per visioni politiche, ma anche a quanto pare per interessi più concreti. Le visioni, come s’è detto, fanno principalmente riferimento al governo, e traggono di lì una parte dei loro caratteri. Con un singolare rovesciamento delle rispettive storie. A dispetto delle loro apparenze, infatti, Conte sembra ormai incarnare l’anima movimentista, e Di Maio a sua volta quella più governista. Curioso rovesciamento delle parti, se si pensa che a suo tempo il primo era stato incaricato di governare offrendo la versione più istituzionale del movimento, mentre il secondo era stato scelto come capo di quel movimento in nome dello spirito più barricadiero delle sue origini.
Ma c’è un altro dilemma che li divide, e a quanto dicono le ultime cronache in modi non troppo edulcorati: quello del secondo mandato. E qui la questione si fa particolarmente delicata. Perché in questo caso non c’è mediazione che tenga. O prevale la regola che esclude una terza candidatura, e allora per Di Maio e per molti dei suoi colleghi si chiudono le porte del prossimo Parlamento. O quella regola viene infranta o crivellata di eccezioni, e allora la leadership di Conte e la retorica del movimento subiscono un colpo pressoché irreparabile.
In entrambi i casi l’”uno contro uno” sembra prendere il posto dell’”uno vale uno” di appena quattro anni fa. Curioso destino per una forza che voleva rivoluzionare usi e costumi della politica e finisce invece per aggrapparvisi. Forse suo malgrado. O forse invece con una vena di sottile e ironico compiacimento”.
(di Marco Follini)