(Adnkronos) – (dall’inviata Ileana Sciarra) – Vede luci ma anche ombre il premier Mario Draghi, reduce da una due giorni di fuoco a Bruxelles, dove l’Europa salva la faccia in zona Cesarini sul sesto pacchetto di sanzioni alla Russia. “È stato un Consiglio europeo un po’ lungo ma siamo abbastanza soddisfatti dai risultati”, dice aprendo la conferenza stampa che accompagna la fine del summit prima del rientro a Roma. L’Italia segna un punto sul price cap al gas, una battaglia portata avanti da Palazzo Chigi in squadra con il ministero della Transizione ecologica guidato da Roberto Cingolani. Gli sherpa domenica scorsa avevano già portato a casa il risultato, ma oggi il Consiglio europeo lo ha validato, apponendo il disco verde nelle conclusioni finali del vertice. “Siamo stati accontentati”, rivendica il presidente del Consiglio spiegando ai cronisti che “ora la Commissione ha ricevuto il mandato per studiare la fattibilità del tetto e anche altri questioni”.
L’accordo, sudatissimo, sul sesto pacchetto di sanzioni è stato per Draghi “un successo completo: immaginarlo qualche giorno fa non sarebbe stato credibile. L’Italia non esce penalizzata dall’intesa – assicura l’ex numero uno della Bce – anche per noi l’obbligo di non importare petrolio russo scatterà alla fine dell’anno, e quindi saremo come tutti gli altri”. Con cui occorre procedere uniti, perché le sanzioni su Mosca “dureranno molto molto a lungo”, sprigionando “il momento massimo di impatto quest’estate”, per non scemare dopo aver raggiunto il picco. Obiettivo fiaccare Mosca, perché Putin non può “vincere la guerra”, mentre l’Ucraina deve poter scegliere “la pace che vuole, anche perché forzata non sarebbe sostenibile, posto sia possibile”.
E tra una domanda sulla crisi alimentare e un’altra sulla difesa comune, spunta anche quella sul contestato viaggio – mai decollato – del leader della Lega Matteo Salvini a Mosca. Vicenda che in Italia continua a tenere banco, complice anche l’annuncio del Copasir di un’indagine sull’avvocato Antonio Capuano, l’ex forzista nuovo consigliere ombra di Salvini che ha lavorato all’organizzazione del viaggio a Mosca del leader leghista. La risposta del premier è netta, come gli è congeniale, poche battute destinate a segnare un nuovo gelo con l’ex ministro dell’Interno. Puntellando, innanzitutto, il posizionamento dell’Italia nel mondo, ma rimarcando anche che i rapporti, le relazioni, che i vari leader possono intavolare fuori dall’Italia devono essere mantenuti nel segno della trasparenza.
“Il governo, quando si è formato, si è fermamente collocato nell’Unione europea e nel rapporto storico transatlantico – ricorda Draghi – In questo binario si è sempre mosso e continua a muoversi. Io sono stato chiarissimo su questo. Il governo è allineato coi partner del G7 e dell’Ue e intende proseguire su questa strada. Non si fa spostare da queste cose, nella mia audizione al Copasir ho solo raccomandato -non voglio entrare nei rapporti che i membri della maggioranza possono avere- ma che è importante siano trasparenti. Questo è quanto”. Vale a dire questione chiusa, dopo il pasticciaccio dell’annuncio della ‘missione di pace’ tentata da Salvini e di cui Palazzo Chigi era sostanzialmente all’oscuro, appresa via take di agenzia.
Si torna a Roma e si guarda avanti, con la campagna elettorale che incombe sul governo e che rischia di creare nuovi scossoni. Draghi si dice disinteressato a futuri incarichi fuori dall’Italia una volta terminato il suo mandato, rispondendo alla curiosità dei cronisti con un secco e deciso “no”. Si sofferma lungamente su uno dei temi del summit che più gli sta a cuore, la crisi alimentare innescata dal blocco del grano nei silos ucraini, 25 milioni di tonnellate di cereali e semi di girasole che rischiano di affamare il mondo, “una catastrofe umanitaria che nei prossimi mesi rischia di abbattersi su milioni e milioni di persone”, dice.
Del tema – che oggi ha registrato l’intervento al summit del presidente dell’Unione africana Machy Sall, pronto a chiamare Putin per lanciare il grido d’allarme che si leva dal Continente che conta due terzi dei mal nutriti del mondo – ne ha parlato anche nel trilaterale avuto ieri con il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron. Draghi non si pronuncia sui tempi necessari per approdare a un ‘patto del grano’, ma rimarca l’importanza di “fare presto”. “Tra poco – spiega – sarà pronto il nuovo raccolto e se i silos non saranno svuotati non si saprà dove metterlo”. Inoltre, “vincere la battaglia della sicurezza alimentare per l’Africa è importante anche dal punto di vista strategico” dato che “molti Paesi africani non sono dalla nostra parte”.
Per sbloccare la situazione, che passa innanzitutto da operazioni di bonifica per aprire corridoi navali per il trasporto dei raccolti, “le Nazioni Unite hanno un ruolo di leadership perché hanno iniziato a lavorarci prima degli altri” e “si muovono soprattutto sulla strada di cercare di aprire i porti”. I quantitativi di grano bloccati “sono molto molto grandi e si possono spostare con una certa rapidità solo con le navi. Questo comporta che da parte russa venga dato il permesso a queste navi di arrivare, che queste navi, come mi è stato detto da Putin al telefono, contengano cibo e non armi. Quindi bisognerà immaginare anche una procedura per essere certi che queste navi portino effettivamente grano. E bisognerà sminare i porti. La Marina italiana può offrire il suo contributo”.
“Poi c’è la questione più complicata – non manca di far notare Draghi – ed è la garanzia che gli ucraini chiedono che durante il trasporto, una volta sminati questi porti, non ci siano attacchi russi. Quindi è uno sforzo diplomatico, militare, logistico molto difficile, molto importante”.
In questa delicata partita “l’Ue collabora con l’Onu su questo fronte e sta però cercando di muoversi anche su un fronte alternativo”, che passa dalla possibilità di transito “ferroviario attraverso la Romania, la Polonia”. Si battono più strade per tentare di venirne fuori, per non lasciare che i depositi marciscono mentre milioni di persone sono chiamate a fare i conti con una carestia di dimensioni inimmaginabili. Con la beffa, per giunta, di raccolti lasciati a marcire. Un’altra immagine di una guerra sanguinaria, con contraccolpi durissimi per tutti, nessuno escluso.