(Adnkronos) – “L’idea di girare questo documentario è nata intorno a metà marzo, quando la città si è completamente bloccata, e non c’era più connessione. Noi, nel resto del Paese, capivamo che stava succedendo qualcosa di molto grave, ma non si capiva cosa. Quando dal 20 di marzo hanno cominciato ad uscire delle persone da quell’inferno, abbiamo capito”. A raccontare all’Adnkronos l’orrore di Mariupol è Yelizaveta Tatarinova, la regista ucraina che ha diretto il documentario ‘Mariupol – Chronicles of hell’ in cui, attraverso le storie di 11 persone sopravvissute, racconta due mesi di bombardamenti nella città simbolo della guerra in Ucraina.
“L’idea è nata leggendo le storie dei sopravvissuti di Mariupol sui social, che hanno cominciato a raccontare cosa avevano vissuto -spiega la regista- La difficoltà è stata quella di trovare delle persone disposte a parlare e a raccontare. Non tutti volevano parlare, per non rivivere di nuovo gli orrori che avevano vissuto”. Nel film, spiega la Tatarinova, “ci sono eroi di due tipi. I primi sono persone conosciute a Mariupol, o giornalisti locali o persone note in città, e poi c’è la gente comune, le casalinghe, i lavoratori”. In rete, le si fa presente, circolano decine di video in cui si vedono abitanti di Mariupol disperarsi per l’orrore vissuto attribuendolo ai soldati ucraini, e raccontando con dovizia di particolari gli abusi di cui sarebbero stati vittime.
“Le mie storie non sono false, chiunque può verificarle -risponde la direttrice cinematografica- Le persone non si nascondono, sono aperti ad essere filmati e a raccontare”. Per capire meglio che cosa è successo, spiega, “forse bisogna venire a Zaporizhzhia, la città dove arrivano colonne di autobus di rifugiati che arrivano da Mariupol e raccontano le loro emozioni a caldo”. Il motivo di questi video? “La propaganda russa è stata molto attiva, ed ecco perché molte persone raccontano il contrario”, assicura la regista”, che rivela: ” Anche fra i commenti del documentario su Internet si trovano sempre post di persone che negano che quanto vedono sia vero”.
Se deve scegliere una delle storie per presentare il film ai lettori, la Tatarinova è in difficoltà: “Abbiamo intervistato 11 persone, per oltre 11 ore di interviste, è’ difficile evidenziare una storia in particolare, perché tutte parlano di dolore ma anche di eroismo e di amore per la loro città -dice all’Adnkronos- Dal punto di vista umano è una storia incredibile, vedere una città in cui accade questo è assurdo. Difficile scegliere cosa è più grave: la morte di un padre o di un fratello? Le persone costrette a mangiare i loro animali per non morire, o a bere l’acqua delle pozzanghere? E’ tutto un inferno”.
Perché proprio Mariupol è stata scelta dai russi come obiettivo prioritario e teatro dello scontro più acceso? “In questi ultimi otto anni la città di Mariupol è stata una specie di vetrina del Donbass ucraino -spiega lYelizaveta Tatarinova- Si evolveva e si sviluppava, mentre le città sotto l’influenza russa cadevano nell’oblio, e loro non potevano lasciare che si vedesse la differenza”. Del film , le resteranno “due emozioni: un dolore continuo, anche perché siamo tutti qui in Ucraina che continuiamo a sperimentarlo, e la sensazione di irrealtà, perché tutt’oggi è difficile credere che tutto questo stia accadendo per davvero”.
“Questo è un film difficile, che fa male e che fa paura guardare, ma bisogna guardarlo, le persone devono conoscere la realtà -dice con fermezza la regista, spiegando che i diritti del film sono gratuiti- Questo è stato il nostro obiettivo, farla conoscere a tutto il mondo, e anche per questo diamo i diritti gratuitamente. Un modo per far sentire le nostre voci e zittire la propaganda russa, che investe tanti soldi. Noi non abbiamo tutti questi mezzi, ma facciamo di tutto per far arrivare la realtà”. Il doc non sarà l’ultimo della ‘serie’. “Stiamo già iniziando a lavorare su un altro documentario, su un’altra città occupata del sud. Ancora non posso dire quale, ma sarà molto forte”.