(Adnkronos) – Mentre l’Ue si confronta sul sesto pacchetto di sanzioni alla Russia e l’Italia continua a scontrarsi con le conseguenze del congelamento dei beni degli oligarchi, in particolare i super yacht, la Svizzera gestisce le questioni degli aerei immatricolati in Russia che non sono riusciti ‘a prendere il volo’ prima dell’entrata in vigore delle sanzioni. A terra ne sono restati sei in tutto, 2 confinati negli hangar dell’aeroporto nazionale di Ginevra e 4 in quello nazionale di Basilea, apprende l’Adnkronos dall’Ufficio federale dell’aviazione civile (Ufac). Il nuovo movimento in atto in queste settimane però è un altro: “Ciò a cui si assiste adesso – spiega il direttore dell’aeroporto di Lugano-Agno, Davide Pedrioli – è il riposizionamento in aeroporti svizzeri di aerei privati giunti dalla Polonia e dall’Ucraina”. In cerca di un porto più sicuro.
Una migrazione in corso in tutta l’Europa occidentale, secondo il direttore dell’aeroporto regionale svizzero, da cui sono soliti transitare in incognita i potenti della terra e che dal 2019, dopo l’abbandono di Swiss, non ha più voli di linea, ma solo aviazione commerciale. “Sono aerei riposizionati per motivi di sicurezza. Hanno sostituito quelli russi – spiega – Noi non ne abbiamo, il nostro aeroporto ospita categorie medie, non velivoli di 50-60 tonnellate con 10mila km di autonomia che necessitano di piste di atterraggio lunghe almeno 2000 metri. Sono aerei impegnativi, a Ginevra hanno avuto problemi a confinarli in uno spazio in cui nessuno poteva entrare evitando di bloccare un intero aeroporto”, racconta all’Adnkronos il direttore dell’aeroporto, che con l’entrata in vigore delle sanzioni ha perso un traffico del 2-3% pur non ospitando in quel preciso momento nel suo scalo né aerei di proprietà russa né immatricolati in Russia. “Ne avevamo un paio all’anno, anche se ogni giorno atterravano da noi su venti voli almeno due tre-da Mosca. So però – riferisce- di altri paesi europei, nei cui scali aeroportuali sostavano aerei di oligarchi russi, dove poche ore prima dell’entrata in vigore ci sono state scene di decollo al limite del pittoresco”.
Niente oligarchi all’aeroporto di Lugano? “Io non ne ho visti, ma certo privilegiano aeroporti meno appariscenti, fuori dai radar, come il nostro. Dunque credo di sì, ne abbiamo ricevuti”. “Immagino – prosegue – qualche volta prima della guerra, due anni prima dell’inizio del mio incarico, sia arrivato anche il presidente della Federazione russa. Ma non ho approfondito perché nel nostro servizio ci sono una serie di prestazioni, tra cui la riservatezza. Io non vado a vedere se è arrivato Putin”.
Pedrioli fa presente che il suo aeroporto “non è solo profumo di ruote e kerosene, ma nodo intermodale di trasporti in cui si cambiano modalità di spostamento con spese tra elicottero e limousine che si aggirano intorno ai 150mila euro”. “Si tratta di sistemi di trasporto di cui può chiaramente usufruire solo una certa fascia di personaggi di questo tipo, che necessitano di un aeroporto come il nostro intrinsecamente sicuro, per uno scenario di rischi elevato”.
E’ infatti anche la presenza nella regione del Ticino dell’aeroporto di Lugano, con le sue caratteristiche intrinseche e la possibilità di consentire collegamenti diretti, ad aver favorito la scelta del presidente della Confederazione svizzera, Ignazio Cassis, ad ospitare il 4 e 5 luglio la prossima Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina a Lugano: “Ci stiamo preparando da mesi. I servizi di sicurezza, la Confederazione, il Cantone, l’esercito sono impegnati nel potenziamento dei servizi. Per fortuna – rimarca il Direttore – era un evento in programma da tempo, perché la Conferenza era stata pianificata ben prima del 24 febbraio e da allora è cambiato tutto. Sarà davvero pesante – conclude – il dispositivo di sicurezza impostato”.
(di Roberta Lanzara)