Sequestrato e tenuto ostaggio in una cella del carcere romano di Regina Coeli. Violentato per due giorni, mentre era minacciato di morte con un coltello rudimentale. È quanto successo nelle scorse ore ad un detenuto italiano del penitenziario romano. L’uomo sarebbe stato legato e violentato per ore, come rende noto il Sappe, Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
Maurizio Somma, segretario per il Lazio del Sappe, ha raccontato: “Due detenuti di origine slava, con reati di rapina ed altro, hanno sequestrato e violentato un altro detenuto, di origine italiana, ristretto per reati di droga. Grazie all’intuizione degli uomini del Corpo di polizia penitenziaria, l’uomo è stato salvato in quanto veniva minacciato con un coltello rudimentale e tenuto legato sempre con una corda rudimentale”.
E ancora: “E’ stato trasportato in ospedale, dove hanno riscontrato gravi lesioni all’ano. Un episodio vergognoso e raccapricciante certamente favorito dall’allentamento della sicurezza interna dovuto alla vigilanza dinamica”, conclude Somma.
Sulla vicenda, il segretario generale del Sappe Donato Capece, ha detto puntando il dito contro il sistema della “vigilanza dinamica”: “Questi sono i frutti di una sorveglianza ridotta in conseguenza della cervellotica vigilanza dinamica, dell’autogestione delle carceri e dai numeri oggettivi delle carenze di organico del Reparto di Polizia Penitenziaria di Roma Regina Coeli. Quel che è successo è di inaudita gravità ed è la conseguenza dello scellerato smantellamento delle politiche di sicurezza delle carceri, che di fatto determinato una pericolosa autogestione dei penitenziari. Il sistema, per adulti e minori, si sta sgretolando ogni giorno di più”.
Fa sapere ancora il segretario generale del sindacato Polizia penitenziaria: “Il Sappe denuncia da tempo che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza in organico di poliziotti penitenziari, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento. La politica se n’è completamente fregata. E i vertici del Ministero della Giustizia e dell’Amministrazione Penitenziaria hanno smantellato le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali…”, conclude Capece.