(Adnkronos) –
I pazienti con diagnosi di neoplasie mieloproliferative croniche “non devono rinunciare ai propri sogni. Per la maggior parte di loro, in alcune fasi della malattia, gli obiettivi non saranno raggiunti al 100% ma è compito nostro e di iniziative come ‘Mielo-Spieghi’ aiutare pazienti e caregiver a perseguire sogni e obiettivi”. Così Francesco Passamonti, ordinario di Ematologia all’università dell’Insubria di Varese e direttore Ematologia di Varese, intervenendo all’evento “Vivere, sognare, scalare: ritornare alla vita oltre i tumori rari del sangue”, webinar di presentazione di ‘Mielo-Spieghi 2022’, la campagna di informazione sulle neoplasie mieloproliferative croniche (che comprendono la policitemia vera, la trombocitemia essenziale e la mielofibrosi) promossa da Novartis in collaborazione con Aipamm e con il patrocinio di Ail e del Mpn Advocates Network. Un programma di attività che punta sul ruolo attivo dei pazienti, per richiamare l’attenzione sui sintomi e migliorare la gestione della malattia.
“Le neoplasie mieloproliferative croniche – spiega Passamonti – sono patologie genetiche, ovvero esprimono dei geni alterati nel 90% dei casi che sono JAK2, Calr e Mpl. Si presentano con caratteristiche specifiche: piastrinosi e eccessiva produzione di globuli rossi e di globuli bianchi nel sangue nel caso della policitemia vera, piastrinosi nella trombocitemia essenziale, e manifestazioni molto eterogenee nel caso della mielofibrosi. Mentre la policitemia vera e la trombocitemia essenziale sono malattie con decorso indolente, la mielofibrosi in alcune forme può essere abbastanza aggressiva. Per questo dobbiamo stare molto attenti al rischio trombotico e di evoluzione di queste due malattie. Per quanto riguarda la mielofibrosi bisogna monitorare l’evoluzione verso le forme acute”.
“Possiamo migliorare la qualità di vita di questi pazienti – prosegue Passamonti – facendo in modo che aderiscano ai programmi di cura che noi medici proponiamo loro. Oggi abbiamo nuovi farmaci, il paziente deve aderire a quanto gli viene proposto attraverso una condivisione di quelle che sono le possibilità di cura standard e trial clinici. Uno degli obiettivi di noi medici, e delle agenzie regolatorie, è proprio migliorare la qualità di vita del paziente. Anche con la dieta, assolutamente importante perché riduce lo stato infiammatorio e il rischio vascolare. Noi suggeriamo ai pazienti di evitare sale, zuccheri e i grassi in generale e di adottare un corretto stile di vita praticando sport. A coloro che fanno terapie antiaggreganti e anticoagulanti e che hanno le piastrine particolarmente alte consigliamo nuoto, camminata, corsa e bicicletta, devono evitare invece attività fisiche da contatto come calcio, basket e rugby”.
L’incidenza di nuovi casi di Mpn – è emerso dall’incontro – è tra lo 0,8 e 1,2 su 100mila persone. “Per questo rientrano nelle categorie delle malattie rare – sottolinea l’ematologo -. C’è una prevalenza della popolazione femminile nella policitemia vera e trombocitemia essenziale a differenza della mielofibrosi che colpisce soprattutto gli uomini. Si tratta di malattie la cui diagnosi viene fatta tra i 60 e i 70 anni ma abbiamo anche coorti di un 20-30% di pazienti con età inferiore ai 40 anni”.
Ma quali sono i reali bisogni delle persone con una diagnosi di Mpn e di chi li assiste? “Lo abbiamo chiesto a circa 550 tra pazienti e caregiver italiani – ricorda Elisabetta Abruzzese, ematologa all’opedale Sant’ Eugenio, Asl Roma2, portavoce del board di 10 ematologi che supervisiona il progetto ‘Mielo-Spieghi’ – attraverso un questionario. La maggior parte di loro sono donne, tra i 51 e i 71 anni. Dall’indagine è emerso che 1 persona su 2 ha difficoltà ad accettare la malattia, 1 su 3 confessa di non capirne le cause e 1 su 4 non ne comprende le possibili evoluzioni. E ancora: 4 su 10 ritengono che la conoscenza della malattia e dei trattamenti possa migliorare la qualità di vita, così chiedono informazioni chiare sulla patologia e sulle sue evoluzioni. Emerge inoltre una significativa consapevolezza: 1 paziente su 2 sa che per gestire le difficoltà delle Mpn non ci sono segreti, è necessario essere forti e determinati”.
Non solo, “il 40,3% – prosegue Abruzzese – sostiene che una maggiore conoscenza sulla malattia e sui trattamenti migliora la qualità di vita; per il 24,9% è fondamentale anche la disponibilità di counseling psicologico e di altri servizi multidisciplinari. Un altro 24% ha chiesto un accesso più chiaro a diritti ed esenzioni, fortunatamente le associazioni di pazienti e il sito di Mielo-Spieghi forniscono informazioni a riguardo. Ma c’è anche un 8,1% che chiede maggior disponibilità di supporto fisico o altro. Per migliorare la qualità di vita è dunque fondamentale la conoscenza e le community controllate come quella di Mielo-Spieghi servono a questo”.
Di fronte ad un problema “6 su 10 si rivolgono al proprio medico ematologo di riferimento (59,7%) – ricorda l’ematologa – il 25,3 % cerca di affrontare il problema da solo, il 10,5% chiede aiuto ai familiari e/o ad altri pazienti che conoscono, il 2,2% cerca aiuto in persone al di fuori dell’ambito familiare e di quello della malattia. È dunque importante che il paziente sappia che c’è una persona di riferimento come l’ematologo che può accogliere le sue parole”.
Alla domanda “cosa serve per gestire le Mpn?” i pazienti non hanno dubbi: “Per il 52,4% l’importante è essere forti e determinati, il 26,2% sostiene che sia necessario cambiare il proprio stile di vita in modo da gestire i sintomi, per il 18,4% invece avere dei caregiver al proprio fianco” conclude.