Erano oltre 40 anni che in Italia non si assegnavano terre e ho visto che anche il Ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, è molto interessato a questo progetto: nel nostro Paese ci sono oltre 5 mila ettari di terra che possono essere messi al servizio del mondo agro industriale e che possono creare centinaia di posti di lavoro”. Lo ha detto il Commissario straordinario dell’Arsial, Antonio Rosati, a margine della conferenza stampa di consegna dei primi due lotti del bando ’Terre ai Giovani’.
“Ho molto creduto in questa operazione – ha aggiunto – non solo per la forza dell’agroindustria, che è tra i settori che possono aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi, ma anche per il lavoro culturale enorme che c’è dietro, perché nel 1951 fu fatta una grande riforma agraria, naturalmente le condizioni erano diverse dalle nostre, ma si può dimostrare che, per creare lavoro e sviluppo, si deve avere molta fantasia e passione e fare grandi operazioni in Europa, ma anche micro operazioni. Speriamo che il governo Renzi e che l’Europa comprendano – in particolare la Merkel – che l’austerità da sola ci porta a sbattere contro un muro e a non avere speranza e fiducia e il consenso che ha ottenuto questa iniziativa dimostra che è possibile trovare una via giusta per il lavoro”. A chi gli ha chiesto se fosse possibile riscontrare un ritorno dei giovani all’agricoltura, Rosati ha annuito: “Assolutamente sì: innanzitutto si tratta di giovani che non hanno più una visione bucolica e un po’ romantica dell’agricoltura, ma di ragazzi preparati che hanno studiato e sono altamente documentati e che spesso sono figli di agricoltori, tra l’altro, e quindi hanno già un know how. Leggendo i Piani aziendali presentati – ha sottolineato – sono rimasto colpito e impressionato dall’intelligenza e la sensibilità, perché al loro interno si prospetta non solo quello che si farà in queste aziende, ma come si pensa di andare sul mercato. Lo straordinario livello culturale dimostra che l’agroindustria, volano italiano, può essere una delle grandissime carte che noi dobbiamo giocare. I Paesi europei, ma anche la Cina, il Vietnam, la Malesia, le Filippine, i Paesi arabi, chiedono prodotti italiani – ha concluso – naturalmente dobbiamo essere intelligenti, più organizzati, più seri, più rigorosi: non ha più senso che le Regioni italiane vadano in ordine sparso sui mercati internazionali. Bisogna tornare ad un’unica politica di export. In più, nel Lazio, abbiamo la città di Roma che vuole consumare buon cibo. Con una battuta dico: chi mangia male, pensa male”.
“Ho molto creduto in questa operazione – ha aggiunto – non solo per la forza dell’agroindustria, che è tra i settori che possono aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi, ma anche per il lavoro culturale enorme che c’è dietro, perché nel 1951 fu fatta una grande riforma agraria, naturalmente le condizioni erano diverse dalle nostre, ma si può dimostrare che, per creare lavoro e sviluppo, si deve avere molta fantasia e passione e fare grandi operazioni in Europa, ma anche micro operazioni. Speriamo che il governo Renzi e che l’Europa comprendano – in particolare la Merkel – che l’austerità da sola ci porta a sbattere contro un muro e a non avere speranza e fiducia e il consenso che ha ottenuto questa iniziativa dimostra che è possibile trovare una via giusta per il lavoro”. A chi gli ha chiesto se fosse possibile riscontrare un ritorno dei giovani all’agricoltura, Rosati ha annuito: “Assolutamente sì: innanzitutto si tratta di giovani che non hanno più una visione bucolica e un po’ romantica dell’agricoltura, ma di ragazzi preparati che hanno studiato e sono altamente documentati e che spesso sono figli di agricoltori, tra l’altro, e quindi hanno già un know how. Leggendo i Piani aziendali presentati – ha sottolineato – sono rimasto colpito e impressionato dall’intelligenza e la sensibilità, perché al loro interno si prospetta non solo quello che si farà in queste aziende, ma come si pensa di andare sul mercato. Lo straordinario livello culturale dimostra che l’agroindustria, volano italiano, può essere una delle grandissime carte che noi dobbiamo giocare. I Paesi europei, ma anche la Cina, il Vietnam, la Malesia, le Filippine, i Paesi arabi, chiedono prodotti italiani – ha concluso – naturalmente dobbiamo essere intelligenti, più organizzati, più seri, più rigorosi: non ha più senso che le Regioni italiane vadano in ordine sparso sui mercati internazionali. Bisogna tornare ad un’unica politica di export. In più, nel Lazio, abbiamo la città di Roma che vuole consumare buon cibo. Con una battuta dico: chi mangia male, pensa male”.