(Adnkronos) – L’Ue e la Cina sulla guerra in Ucraina scatenata dalla Russia hanno “visioni opposte”. Per Bruxelles, “l’equidistanza” tra Mosca e Kiev (e l’Occidente) di Pechino “non è sufficiente”, perché è il momento di “prendere posizioni chiare” in favore dell'”ordine internazionale fondato sulle regole”. Dalla Cina l’Ue si aspetta “un impegno chiaro per la pace”, che finora non è arrivato. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è stata chiara, al termine del ventitreesimo summit Ue-Cina, tenutosi in videoconferenza, che si è concluso confermando le posizioni della vigilia.
Da Pechino il presidente Xi Jinping ha esortato l’Unione Europea ad adottare una politica “indipendente” nei confronti della Cina, proponendo che i 27 e il Dragone “intensifichino i loro contatti sulle questioni bilaterali e sui principali temi relativi alla pace globale e allo sviluppo e svolgano un ruolo costruttivo per aggiungere un fattore di stabilità al mondo turbolento”.
Nessuna condanna chiara dell’aggressione russa all’Ucraina è arrivata dal segretario del Partito Comunista Cinese, né a Bruxelles si facevano illusioni, tanto che non era prevista, né è stata diffusa, una dichiarazione congiunta.
Michel e von der Leyen, su mandato anche delle capitali, si sono confrontati, insieme all’Alto Rappresentante Josep Borrell, in mattinata con il premier Li Keqiang, per un paio d’ore, e nel primo pomeriggio, per meno di un’ora, con il presidente Xi Jinping.
Anche Michel è stato netto: Pechino, ha sottolineato, “non può chiudere gli occhi sulle violazioni del diritto internazionale commesse dalla Russia” attaccando l’Ucraina. Una guerra che “non è nell’interesse di nessuno”, né dell’Ue né della Cina, perché semina “instabilità”. E ha avvertito che l’Unione vigilerà “su qualsiasi tentativo di aiutare la Russia finanziariamente e militarmente”. Il timore è che Pechino possa aiutare Mosca ad attutire l’impatto delle sanzioni occidentali.
Von der Leyen è stata ancora più chiara: se la Cina non sostiene le sanzioni, “almeno non interferisca”, ha tagliato corto. E ha anche lanciato un avvertimento trasparente, ricordando che la “business community” sta monitorando “molto attentamente” la situazione, valutando come i diversi Paesi si “posizionano” rispetto alla guerra. E’ questione di “fiducia, affidabilità e di decisioni su investimenti di lungo termine”.
Michel ha sottolineato che “dialogare non vuol dire essere ciechi” e che con Li e Xi si è “discusso anche di temi sui quali siamo in disaccordo”. L’Ue ha sollevato “preoccupazioni per il trattamento da parte della Cina delle minoranze nello Xinjiang, nella Mongolia Interna e in Tibet”. E’ stato espresso “rammarico” per la situazione ad Hong Kong. Von der Leyen ha fatto un esplicito riferimento alla violazione dei diritti dei lavoratori, oltre che di quelli umani, nello Xinjiang, dove gli uiguri vengono sottoposti a lavoro forzato.
La presidente della Commissione ha anche rimarcato che la Cina deve “cessare” le misure commerciali discriminatorie contro la Lituania, punita per il suo sostegno a Taiwan e per la sua determinazione nella difesa dei diritti umani a Hong Kong e nello Xinjiang. E ha sottolineato che la Cina, come membro permanente del Consiglio di Sicurezza, ha una “responsabilità speciale” nella crisi attuale, visto anche che ha influenza sulla Russia.
Le relazioni tra l’Ue e la Cina, ha aggiunto, sono “molteplici” e “ci sono chiaramente delle parti di rivalità”. La Commissione da lei guidata ha definito per iscritto la Cina un “rivale sistemico” dell’Ue, una prima assoluta per un’Europa a lungo accondiscendente nei confronti del colosso asiatico, nella convinzione che il libero commercio e lo sviluppo di una classe media avrebbero nel lungo periodo portato ad una progressiva democratizzazione della società cinese (la vulgata della ‘fine della Storia’, che invece si è rimessa in moto).
Con Pechino non c’è rottura, ma Bruxelles sembra aver ormai compreso che i cinesi hanno una loro agenda, che non è necessariamente in linea con quella dell’Occidente. Sono, appunto, un “rivale sistemico”. La cooperazione tra Cina e Ue è “necessaria” in ambiti come la lotta al cambiamento climatico e anche contro la pandemia, ma la guerra in Ucraina è il “momento della verità”, ha sottolineato von der Leyen.
L’accordo sugli investimenti siglato con la Cina il 30 dicembre 2020 resta fermo, tanto che non è stato nemmeno citato durante la conferenza stampa dei due presidenti. Nella dichiarazione finale dell’Ue si sottolinea la necessità di rimuovere le sanzioni inflitte ad alcuni eurodeputati: per ratificare l’accordo occorre il sì del Parlamento Europeo ed è molto difficile che arrivi, finché Pechino sanziona dei suoi membri.
Il tempo dirà come si svilupperanno le relazioni tra Bruxelles e Pechino. Come ha ricordato lo storico olandese Luuk van Middelaar in un ciclo di lezioni al Collège de France, la Cina, grande potenza decisa a riprendersi il posto che ha sempre avuto nel panorama mondiale fatta eccezione per il ‘secolo dell’umiliazione’, iniziato nel 1839 con la prima guerra dell’oppio e terminato con l’ascesa al potere del Partito Comunista di Mao Tse Tung nel 1949, costituisce una “minaccia” per un’Europa disunita e indecisa. Di fronte ad un’Europa che “sa quello che vuole” anche sul piano geopolitico e che è in grado di difendersi, Pechino “mostrerà rispetto”.