(Adnkronos) –
“E’ come nel 2014, anche allora i russi volevano di più, non solo una parte del Donbass, ma anche Odessa e Kharkiv, volevano isolare l’Ucraina dal Mar Nero e non ci riuscirono”. Otto anni dopo potrebbero essere costretti di nuovo a fermarsi, accontentandosi di un obiettivo minimo, la presa di Mariupol, per collegare la Crimea al Donbass. Fonti qualificate a Kiev commentano così con l’Adnkronos il cambio di strategia impresso dai vertici militari di Mosca alle proprie forze sul terreno, strategia che adesso considera il Donbass come “obiettivo principale” dell”operazione militare speciale’ contro l’Ucraina avviata il 24 febbraio scorso.
“I russi devono prendere Mariupol, che continua a resistere strenuamente, per collegare la Crimea al Donbass, è quello il risultato minino – spiegano le fonti – Potrebbero rivendicare l’eventuale accerchiamento delle forze ucraine come un successo nella demilitarizzazione del Paese. Tutto proprio come nel 2014”. E come allora vorrebbero prendere anche Odessa, ma “con le forze che hanno in campo per ora non ce la fanno: potrebbero volerci 5-6 mesi per rafforzare la presenza delle forze russe in modo consistente”, sottolineano le fonti, che non sono del tutto convinte del cambio di strategia.
Da una parte quanto sostenuto due giorni fa dallo Stato maggiore di Mosca “sembra un’ammissione di debolezza, perché in effetti i russi stanno facendo grande fatica, hanno grosse difficoltà, soprattutto a livello logistico, hanno problemi di motivazione delle truppe”. Allo stesso tempo, secondo le fonti, “non lasceranno nulla di intentato” per provare ad ampliare il più possibile le loro conquiste. E sul 9 maggio – la data indicata come possibile deadline per un ritiro russo per permettere a Vladimir Putin di ‘salvare la faccia’ e ‘festeggiare’ la vittoria in Ucraina alla parata di Mosca – a Kiev “ci sperano, ma non si fanno illusioni”.
In questa fase, però, in cui si sentono “più baldanzosi”, gli ucraini sono comunque sempre meno disposti a cedere porzioni di territorio ai russi e vogliono negoziare da una posizione di maggiore forza: se sulla questione della neutralità continuano a inviare segnali di apertura, sul riconoscimento di Crimea e Donbass si sono irrigiditi, mentre sul tema delle garanzie di sicurezza continuano a non fidarsi di Mosca, memori di quanto successo con il memorandum di Budapest del 1994, con cui Kiev accettò di inviare per lo smaltimento in Russia le sue testate nucleari, in cambio di garanzie da Russia, Stati Uniti e Regno Unito, successivamente anche da Cina e Francia, per la sua sicurezza, indipendenza ed integrità territoriale. Garanzie che non si sono rivelate evidentemente sufficienti.