(Adnkronos) –
C’è imbarazzo in Vaticano per i nuovi particolari che spuntano dall’inchiesta sul palazzo di Londra. Come riporta Panorama, tra le varie circostanze emerse dalle indagini anche quella del sostituto alla Segreteria di Stato, monsignor Edgar Peña Parra, che, invece di rivolgersi alla Gendarmeria vaticana come prassi vorrebbe, si sarebbe avvalso dei servizi segreti italiani per bonificare dalle microspie i suoi uffici e per ottenere informazioni su una serie di soggetti “che stavano tentando di introdursi nelle strutture economiche della Santa Sede con intenti malevoli”. A raccontare la vicenda all’Ufficio del promotore di Giustizia in una memoria difensiva dell’ottobre 2019 (e a confermarla nell’interrogatorio del 16 gennaio 2020) è l’ex funzionario vaticano Vincenzo Mauriello, prima sospeso e poi licenziato insieme ad altri due funzionari della segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi e Caterina Sansone, al direttore dell’Aif Tommaso Di Ruzza, e a monsignor Mauro Carlino, ex segretario del cardinale Angelo Becciu che mantenne lo stesso ruolo per un periodo anche con Pena Parra.
E’ Mauriello l’uomo a cui si rivolge Pena Parra perché gli trovi qualcuno per la bonifica ambientale dei suoi uffici in Vaticano. Ecco il verbale di cui l’Adnkronos è entrata in possesso: “Verso la fine del mese di maggio o l’inizio del mese di giugno 2019 (non ricordo bene il periodo esatto), durante una riunione di lavoro su tematiche a me assegnate, non economico-finanziarie, – racconta Mauriello nella sua memoria – il Sostituto, alla presenza anche di monsignor Mauro Carlino, all’epoca ancora nella sua segreteria, fece presente la necessità di effettuare una bonifica ambientale dei suoi nuovi uffici posto che era più volte accaduto che il contenuto di sue conversazioni riservate con interlocutori diversi era, dopo poco tempo, divenuto noto all’esterno” e io “risposi che conoscevo una persona cattolica praticante, di assoluta fiducia, funzionario dell’Aisi, che potevo, se richiesto dai superiori, contattare per vedere se si volesse assumere l’onere di svolgere tale delicato compito”.
Mauriello a quel punto combina un primo incontro in segreteria di Stato con il funzionario dell’Aisi suo conoscente: “Il colloquio avvenne nella sala di ricevimento di sua eccellenza monsignor Pena” alla presenza anche di mons. Carlino, e Pena Parra “fece presente quali fossero i suoi timori e le sue esigenze. Al termine dell’incontro vennero presi accordi per effettuare l’operazione desiderata in un venerdì pomeriggio al termine dell’orario di lavoro del mattino, se non ricordo male verso le 14”. Nel giorno prestabilito lo 007 “si recò in segreteria di Stato e dopo averlo accolto lo accompagnai in Seconda Loggia presso gli uffici di sua eccellenza monsignor Sostituto dove lo affidati a monsignor Carlino. Io invece mi recai nel mio ufficio in Terza Loggia per svolgere del lavoro arretrato. Dopo circa due ore monsignor Carlino mi chiamò dicendo che avevano terminato il lavoro e chiedendomi di raggiungerli. Mi dissero che negli ambienti visitati non era stato rinvenuto nulla ma che ovviamente non si poteva escludere che ci fossero altri sistemi di controllo non rilevabili”.
Mentre andava via, il funzionario dell’Aise, racconta ancora Mauriello nel verbale visionato dall’Adnkronos, “mi chiese se il suo diretto superiore avesse potuto avere un riscontro con monsignor Sostituto anche per dare una veste istituzionale al lavoro che gli aveva appena svolto”. E così, venne “fissata una data che non ricordo”, e, nel giorno stabilito, Mauriello accompagnò i due 007 con Carlino nella sala di ricevimento privata di Pena e attese fuori la fine del colloquio: “I due funzionari dell’Aisi uscirono dall’incontro dopo circa 20 minuti accompagnati da Carlino, il quale li ringraziò e mi chiese di portarli verso il cortile del Belvedere. Durante il tragitto mi fu riferito per grandi linee che l’incontro era stato molto cordiale, che erano stati ringraziati per la collaborazione offerta e che sua eccellenza monsignor Pena, unitamente a monsignor Carlino, avevamo chiesto loro se fosse stato possibile assumere in via confidenziale informazioni su alcuni personaggi che stavano tentando di introdursi nelle strutture economiche della Santa Sede con intenti malevoli”.
“Non mi furono detti i nomi di questi personaggi né io li chiesi non essendo materia di mia competenza”, spiega Mauriello, ma “feci presente ai due funzionari che monsignor Sostituto, tra i tanti compiti ricoperti nella segreteria di Stato, ha anche quello che può essere paragonato un ministro dell’Interno e che se aveva domandato delle informazioni era per il bene della Santa sede e comunque nell’ambito delle sue attribuzioni”.
L’incontro successivo è a settembre. “Trascorsa l’estate, verso la fine del mese di agosto”, il funzionario dell’Aise “mi chiamò per dirmi che avevano svolto una prima ricognizione e che, se possibile, desideravano condividere quanto appreso con monsignor Sostituto. Fissammo la data dell’incontro (forse ai primi di settembre ma non ricordo precisamente il giorno) e in quell’occasione avvenne l’episodio riferito dalla Gendarmeria e riportato nell’ordinanza. Nonostante avessi lasciato il nome all’entrata di Sant’Anna con preghiera di far accedere velocemente gli ospiti in segreteria di Stato per un incontro con il Sostituto, il Capo Posto (della Gendarmeria, ndr) chiese alle due persone di identificarsi. I due funzionari dell’Aisi mi chiamarono per chiedermi cosa fare. Poiché mi trovavo con monsignor Carlino in loro attesa ed essendo ormai prossimo l’orario dell’appuntamento col superiore, il prelato parlò al telefono con il Capo Posto della gendarmeria a Sant’Anna chiedendo di far passare due ospiti senza ulteriori formalità”.
Anche in questo caso i due 007 con monsignor Carlino si sarebbero accomodati nella sala di ricevimento privata del Sostituto in Seconda Loggia, mentre Mauriello sarebbe rimasto fuori: “Dopo circa 20 minuti gli ospiti con monsignor Sostituto e monsignor Carlino raggiunsero il luogo dove io mi trovavo e preso commiato da monsignor Pena furono da me portati all’esterno dello Stato per evitare loro di avere gli stessi inconvenienti avuti all’arrivo. Sottolineo ancora che uno dei due funzionari italiani aveva tra le mani la stessa busta bianca che aveva anche all’ingresso e che conteneva la relazione presumibilmente mostrata al Sostituto. Questa è la busta che la Gendarmeria cita nel suo rapporto e il cui puntuale contenuto è a me sconosciuto”.
A sollecitare nuovi contatti con i funzionari dei servizi italiani sarebbe stato poi mons. Carlino: “Trascorso qualche giorno da questo incontro, monsignor Carlino, divenuto nel frattempo responsabile dell’ufficio informazione documentazione della segreteria di Stato, mi chiamò per farmi presente che il suo telefono cellulare aveva un funzionamento anomalo e che forse era stato infettato con qualche virus. Mi chiese pertanto di contattare” lo 007 “per domandargli se poteva passare da lui in segreteria di Stato per dargli qualche consiglio sul da farsi” e lui, “sempre in spirito di servizio alla Santa sede senza chiedere o ricevere alcuna ricompensa, si recò presso gli uffici di monsignor Carlino, non ricordo la data esatta, e, dopo averlo ascoltato, gli fece qualche domanda su eventuali persone o enti che potessero avere interesse a carpire le informazioni in suo possesso. Carlino fece presente che comunque lui per motivi di lavoro era a conoscenza di notizie sensibili che molti ambivano ad avere”.