(Adnkronos) – Al 10 gennaio la variante Omicron del covid era già dominante in 23 Paesi dell’Unione europea/Spazio economico europeo, numero sicuramente cresciuto visto che altri Paesi erano vicini a superare la soglia del 50% di prevalenza. Nell’ultima settimana l’Italia, insieme ad altri 10 Paesi (Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Estonia, Germania, Ungheria, Lussemburgo, Malta, Spagna e Svezia), è fra le aree in cui si è registrato il balzo in avanti più significativo, uguale o sopra il 20%. Sono alcuni dei dati che emergono nell’ultimo aggiornamento epidemiologico settimanale del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie Ecdc.
Al 20 gennaio, la variante risulta essere stata identificata in tutti i Paesi Ue/See. Dal 20 dicembre 2021 al 9 gennaio, 23 Stati con un volume di sequenziamento adeguato hanno riportato una prevalenza stimata di Omicron del 69,4%. Negli studi condotti in vari contesti, il rischio di ricovero è risultato inferiore per Omicron rispetto a Delta. Tuttavia, l’immunità derivante dall’infezione naturale e dalla vaccinazione, comprese le dosi di richiamo, così come il miglioramento delle opzioni di trattamento, contribuiscono a risultati meno gravi – osserva l’Ecdc – rendendo difficile stimare il rischio intrinseco di infezioni gravi per Omicron.
Sebbene gli studi abbiano utilizzato dati leggermente diversi, la maggior parte ha riscontrato una riduzione del rischio nell’intervallo del 50-60%. Tra i casi di Omicron segnalati al sistema TESSy – 155.150 fino alla seconda settimana del 2022 – l’1,14% è stato ricoverato in ospedale, lo 0,16% ha richiesto la terapia intensiva/supporto respiratorio e lo 0,06% è deceduto. “I primi studi suggeriscono che i vaccini attuali potrebbero essere meno efficaci contro l’infezione da Omicron, sebbene forniscano comunque protezione contro il ricovero e le malattie gravi. Dato il vantaggio di crescita esponenziale di Omicron e l’elevato numero di casi, qualsiasi potenziale beneficio di una gravità osservata inferiore può essere superato dal numero di esiti gravi nel tempo”, conclude l’Ecdc.