“Non sappiamo abbastanza dei decessi Covid”. Per l’epidemiologa Stefania Salmaso, “bisognerebbe avere ulteriori informazioni, conoscere le comorbodità, le tempistiche dei ricoveri, l’eligibilità per trattamenti terapeutici, insomma se ci sono margini di miglioramento del terribile carico di casi fatali giornaliero”. In un’intervista alla Stampa, secondo l’ex direttrice del Centro nazionale di epidemiologia dell’Istituto superiore di sanità, la motivazione che i tanti morti siano dovuti al fatto che il Covid è particolarmente perfido con anziani e fragili “non basta a spiegare la frequenza di decessi. Ci potrebbe essere qualche inefficienza del sistema sanitario, penso per esempio alla quantificazione della quota prevenibile con antivirali entro cinque giorni dall’infezione. Mentre i vaccini sono offerti a tutti, questi farmaci sono a rischio disuguaglianza e serve una campagna sul tema che coinvolga i medici di base”.
“Ogni Paese conta i morti diversamente – prosegue la Salmaso – difficile fare confronti, ma occorre lavorarci. Al di là di questo in Italia si dovrebbe poter sapere età, regione e luogo dei decessi. Sarebbe utile alla prevenzione. È complicato raccogliere questi dati. L’Istituto superiore di sanità prova a farlo, ma è difficile senza un sistema digitalizzato integrato. Le regioni, coordinate dal ministero della Salute, dovrebbero collaborare a un sistema di informazione collegato con ospedali, medici di famiglia e laboratori di analisi. Non si possono combattere le nuove pandemie con gli strumenti del secolo scorso. Lo vediamo anche dalla difficoltà delle Asl a controllare isolamento e quarantena, che andrebbero automatizzati”.
Quanto al ruolo di Cts, Iss e virologi vari, secondo l’epidemiologa, “la pluralità di voci aiuta. Ho notato spesso però una comunicazione in cui non sono evidenziati i motivi delle scelte. Quando il Cts formula le sue raccomandazioni non sono disponibili i dati su cui si basano, né sintesi delle discussioni. Così pure il governo non indica quanta parte delle decisioni prese sia dovuta a evidenze scientifiche e quanta a valutazioni di fattibilità operativa”.
“L’abolizione della quarantena per i contatti vaccinati con tre dosi di positivi – dice ancora – per esempio, è comprensibile pragmaticamente, ma è basata su dati scientifici limitati. Siamo in una fase di crescita e serviranno almeno due settimane per capire. I contagi sono importanti, perché predittivi di ricoveri e decessi. Così come il numero dei non vaccinati. L’obbligo del vaccino per gli over 50 serve per tutelare i non vaccinati, che più di altri rischiano di finire in terapia intensiva, di essere ricoverati e pure contagiati. È la categoria che riempie gli ospedali e fa cambiare colore alle regioni, peggiorando la vita di tutti. Quanto alla scommessa della riapertura delle scuole, spero che funzionerà e in ogni caso, come ha sottolineato giustamente Draghi, non si possono tenere aperti bar e pizzerie chiudendo le scuole, soprattutto avendo ampia evidenza delle disuguaglianze e dei danni psicologici che provoca”.