Home ATTUALITÀ Covid Italia, da vaccino a Omicron: 2021 della pandemia che non finisce

    Covid Italia, da vaccino a Omicron: 2021 della pandemia che non finisce

    1 gennaio 2021, in Italia inizia un nuovo anno nel nome del Covid. Il bollettino giornaliero segna 22.210 casi e 462 morti, dati in calo. Il Paese è nella fase discendente dell’ondata epidemica di Sars-CoV-2 più drammatica e intensa mai toccata e si appresta a entrare nel vivo della tanto attesa campagna vaccinale anti-Covid. I primi medici testimonial sono stati immunizzati nel giorno battezzato V-Day (27 dicembre 2020) con il primo prodotto scudo approvato in Ue, cioè Comirnaty* di Pfizer/BioNTech. E a gennaio a crescere non saranno più solo i numeri dei contagi post feste di Natale, ma anche quelli degli anziani e dei camici bianchi che cominciano a essere vaccinati. Passano così i primi giorni di un anno partito con lo sprint di un’arma concreta contro il virus e oggi in via di conclusione all’insegna di una nuova minaccia: la variante Omicron. 

    La pandemia è ancora qui, e lo dicono ancora una volta i numeri: mentre Regno Unito e Francia sfondano il tetto dei 200mila contagi e l’Ue è in allarme per l’ascesa di Omicron, anche l’Italia vive la sua impennata superando i 125mila casi, dato più alto di sempre; i morti hanno ripreso a salire sopra quota 100, ma restano molto più bassi di quelli registrati nello stesso periodo dello scorso anno, come i ricoveri e soprattutto le terapie intensive. In mezzo ci sono stati 12 mesi fra svolte nelle terapie, e chiusure/aperture guidate dalle montagne russe dell’epidemia. Riavvolgendo il nastro, gennaio è dominato dal dibattito sui vaccini: il 7 gli enti regolatori danno il via libera a quello di Moderna per gli over 18 – il secondo a incassare l’ok in Ue – e l’Italia si mostra subito a macchia di leopardo nella campagna vaccinale. C’è fame di iniezioni scudo nel mondo e all’inizio il flusso di dosi non è costante. 

    Nel mirino delle polemiche finiscono governatori, le stesse aziende farmaceutiche e in particolare l’allora Commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri (sostituito a marzo dal generale Francesco Paolo Figliuolo). A fare fatica col sistema di prenotazioni è anche la Lombardia, regione che ha pagato un tributo altissimo alla pandemia (dopo lo stallo iniziale arriverà ai primi posti per dosi somministrate). Dopo quelli a mRna, il 29 gennaio arriva il via libera anche al primo vaccino anti-Covid a vettore adenovirale, quello prodotto da AstraZeneca. La scelta è di usarlo per allargare l’immunizzazione ad altre categorie: dopo medici e anziani, forze dell’ordine e insegnanti. 

    Questo vaccino era atteso con ansia e annunciato in grandi quantità. In realtà scoppia subito il caso: le consegne all’Ue non sono quelle attese e si apre una controversia con l’azienda. Poi finiscono alla ribalta delle cronache le morti di un militare e di una professoressa, entrambi siciliani, che si sono verificate dopo la vaccinazione (successivamente perderà la vita anche la 18enne Camilla Canepa in Liguria). E con l’aumentare dei numeri degli immunizzati cominciano a emergere in più Paesi segnalazioni di trombosi atipiche associate a bassi livelli di piastrine, che si scopriranno poi essere un effetto collaterale molto raro del vaccino, come certificato da Ema. 

    Il vaccino di AstraZeneca (unico venduto nella prima fase a prezzo di costo) non ha vita facile, fra sospensioni temporanee in via precauzionale decise da diversi Paesi, comprese Italia, Francia, Germania, e indicazioni che cambieranno più volte: inizialmente raccomandato da Aifa solo al di sotto dei 55 anni, poi esteso fino ai 65 e dopo somministrato solo al di sopra dei 60 anni, per massima cautela. Resterà, però, per mesi il più diffuso nelle aree a medio-basso reddito. In questo scenario arriva l’11 marzo il via libera europeo al vaccino monodose, a vettore adenovirale, di Johnson & Johnson. Anche questo vaccino farà i conti con le segnalazioni di trombosi rare e indicazioni ad hoc sulle fasce d’età a cui somministrarlo. 

    Se il 2021 è l’anno dei vaccini, aprile è il mese del dibattito sull’obbligo di fare l’iniezione scudo, che scatta per gli operatori sanitari. L’effetto del provvedimento è che nei mesi successivi arrivano le sospensioni del personale che resta fermo su posizioni no vax. Complessivamente le coperture sul fronte della popolazione generale crescono, ma con ritmi più lenti quando si scende con l’età. Il governo decide di accelerare, e a metà giugno vara il Green Pass definendone le modalità di rilascio, in anticipo sull’Ue. E mentre a maggio era arrivato il via libera al vaccino Pfizer anche per i 12-15enni, dopo l’estate già si parla di terza dose: l’Italia comincerà a fine settembre a somministrarle a sanitari, anziani e fragili. A ottobre però i non vaccinati sono ancora circa 8 milioni (oggi sono 9,4 mln contando anche i 5-11enni scoperti, per i quali le vaccinazioni sono iniziate da poco). Succede nonostante il certificato verde – ottenibile però anche con un tampone negativo – venga richiesto per accedere a un numero sempre più elevato di attività, dalle palestre ai ristoranti. 

    Le manifestazioni no vax e no Green pass animano le piazze italiane per settimane e diventa chiaro che c’è uno zoccolo duro di resistenti alla vaccinazione che sarà difficile da erodere. Il dato preoccupa perché intanto a novembre l’Europa torna epicentro della pandemia. I contagi cominciano a risalire: è la quarta ondata. L’Italia punta sul booster e il ministro della Salute Roberto Speranza annuncia che dal 22 novembre si amplia la platea dei riceventi a tutti gli over 40 (in seguito l’età soglia scenderà ancora). 

    Mentre la curva comincia a salire anche in Italia, il governo alza il tiro e prova a correre ai ripari con misure che vanno dall’obbligo esteso a nuove categorie (dagli insegnanti alle forze dell’ordine) al super Green pass (solo vaccinati e guariti) per mettere in sicurezza il Natale. Le Feste però portano con sé l’esplosione dei contagi, della domanda di tamponi – che genera il tilt del sistema – e delle persone asintomatiche in quarantena. Per evitare la paralisi, nuovo giro di misure che aumentano la portata del super green pass, tagliano le quarantene ai plurivaccinati e riducono la necessità di test. 

    Il 2021 è anche l’anno delle terapie. A marzo debuttano in Italia gli anticorpi monoclonali contro Covid-19, da usare molto precocemente nei soggetti a rischio di forme gravi. E se tramonta l’idea del plasma dei guariti, sull’onda dei dati non entusiasmanti di più studi, vengono invece confermati diversi farmaci esplorati nella fase dell’emergenza più dura, e utilizzati in maniera ormai strutturata nei pazienti ricoverati (dal vecchio farmaco antinfiammatorio desametasone agli anti artrite come tocilizumab). 

    Ma la promessa con cui si chiude l’anno – a parte il via libera al vaccino per i bambini di 5-11 anni, arrivato dall’Ema il 25 novembre e dall’Aifa l’1 dicembre – è quella delle pillole antivirali, utilizzabili nei primi giorni dopo la diagnosi. I dati mostrano un potenziale nel ridurre il rischio di ricovero e morte. Due i farmaci in corsa: quello di Merck (Msd fuori da Usa e Canada), per il quale i dati finali hanno corretto al ribasso l’efficacia inizialmente emersa, e quello di Pfizer. 

    Il fronte delle terapie continua ad arricchirsi e anche quello dei vaccini, con l’approvazione a dicembre in Ue del primo vaccino anti-Covid proteico, quello di Novavax. Ma si arricchisce pure l’elenco delle varianti di preoccupazione del coronavirus Sars-CoV-2: dopo mesi in cui a regnare incontrastata era stata la Delta, la nuova Omicron – segnalata per la prima volta dal Sudafrica e battezzata con la lettera greca il 26 novembre dall’Oms – già promette di rubarle la scena. La variante, dicono gli esperti, mostra una certa capacità di fuga immunitaria: i dati sulle reinfezioni dei guariti e sulle due dosi di vaccino non sono incoraggianti, ma quelli sui booster sembrano mostrare un notevole rinforzo della protezione. Ma secondo alcuni studi la malattia associata sembra essere caratterizzata da una minore gravità. Mentre le informazioni al riguardo si stanno ancora raccogliendo, e non è ancora noto se servirà un vaccino ad hoc, la nuova variante ha già dato segno di elevata trasmissibilità. Omicron corre nel mondo e in diversi Paesi europei è già dominante.