Dalle nomine Rai alla manovra di bilancio, la maggioranza che sostiene il governo Draghi è sempre più in fibrillazione. E il M5S, uscito ammaccato dal risiko dei tg del servizio pubblico, adesso opta per la linea dura. E’ giovedì pomeriggio quando a Palazzo Madama i senatori pentastellati si riuniscono. Presente anche il ministro delle Politiche agricole e forestali Stefano Patuanelli, di umore pessimo. Poco prima è il responsabile ai Rapporti col Parlamento, Federico D’Incà, a fronteggiare l’ira di una trentina di senatori, sul piede di guerra per l’incidente in Aula sul decreto capienze, con il governo andato sotto su due emendamenti e lo ‘zampino’ di Iv. “Noi stiamo ai patti, Italia Viva fa furberie. Ora basta”, rumoreggiano i senatori grillini, chiedendo a D’Incà di rappresentare al premier Mario Draghi il malumore del gruppo. Perché i renziani, il messaggio da consegnare al presidente del Consiglio, non possono fare il bello e il cattivo tempo. Il M5S non ci sta, “hanno passato il limite, dicano chiaramente se hanno deciso di far cadere Draghi”. La stessa accusa che viene mossa da Patuanelli: “E’ evidente che Renzi voglia provocare la seconda crisi di governo dell’anno”.
Ma ai pentastellati non è piaciuto nemmeno il braccio di ferro avviato dal Pd sul relatore della manovra, ruolo che i dem vorrebbero affidare a Vasco Errani mentre i grillini optano per tre relatori (uno per il M5S, uno per le forze di centrodestra e uno per quelle di centrosinistra): se le cose stanno così, il ragionamento espresso da Patuanelli secondo quanto riferito all’Adnkronos, saranno le altre forze politiche ad assumersi la responsabilità di portare il Paese in esercizio provvisorio. “A causa dei paletti fissati dai partiti e dei veti incrociati, la legge di bilancio rischia di trasformarsi in un Vietnam nelle Aule parlamentari”, ragiona un senatore.
Sullo sfondo resta la partita più importante, quella del Quirinale. E il doppio scivolone della maggioranza andato in scena ieri in Senato sul dl capienze viene letto come un fosco preludio. “Basta prendere schiaffi”, avrebbe detto Patuanelli durante l’incontro con i senatori: “A questo punto – avrebbe rimarcato il ministro triestino – anche noi possiamo essere più rigidi sulla manovra e gestirla secondo i nostri interessi”.
Nel M5S si teme una sorta di “liberi tutti”: “Se una ministra esce dal Cdm per andare a votare in Aula contro il suo governo, vuol dire che qualcosa non va…”, osserva un pentastellato che ha preso parte alla riunione, nel mirino la leghista Erika Stefani. C’è delusione per l’atteggiamento del Pd. E lo dimostra la replica piccata all’intervista rilasciata da Luigi Zanda a ‘La Repubblica’. Il fatto che i 5 Stelle non votino con il Pd il relatore della manovra, per Zanda “è un segnale negativo” e “un grave errore politico”. “Accuse infondate e fuori luogo”, ribatte il senatore M5S Marco Pellegrini: “Il Movimento 5 Stelle è il gruppo di maggioranza relativa in Parlamento e avrebbe tutto il diritto, nel caso, di avere un relatore alla legge di bilancio. Nessuno ha mai garantito che l’incarico di relatore sarebbe stato assegnato a Vasco Errani”.
A rinfocolare i malumori c’è anche il tema delle nomine Rai, altro nodo affrontato nella riunione di ieri pomeriggio, dove Primo Di Nicola avrebbe usato parole forti, dicendosi “stupefatto” e “indignato” per i retroscena giornalistici che parlavano di un ruolo attivo del senatore Mario Turco, braccio destro di Giuseppe Conte, nella trattativa sulle nomine del servizio pubblico. Versione che viene smentita dai vertici del Movimento: “Turco – viene spiegato all’Adnkronos – è stato convocato a Palazzo Chigi martedì sera e in quella sede è stato informato della lista dei nomi dei direttori dei tg, che la mattina seguente, mercoledì 17, è arrivata al Cda di Viale Mazzini”. Insomma, Turco, secondo i piani alti del M5S, sarebbe stato informato di decisioni già prese. Basterà questa spiegazione a placare gli animi delle truppe grilline?
(di Antonio Atte e Ileana Sciarra)