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    Denuncia scienziati su Nature Italy: “Pnrr non cita né la robotica né l’Intelligenza Artificiale”

    E’ una denuncia senza appello quello che arriva dal mondo della robotica italiana al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che “trascura” la robotica e l’Intelligenza Artificiale, campi in cui “l’Italia é invece competitiva”. In un lungo articolo pubblicato su Nature Italy, la sezione italiana di una delle maggiori riviste scientifiche del mondo, i due robotici italiani Antonio Bicchi e Bruno Siciliano, tra i maggiori del Paese e sul piano internazionale, rilevano che “nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), né la robotica né l’intelligenza artificiale (Ai) sono menzionate tra le dieci Key Enabling Technologies (Ket) che dovrebbero essere al centro di nuovi centri di ricerca dedicati”. “Dato il riconoscimento universale dell’importanza di queste tecnologie, molti sono rimasti sorpresi” sottolineano Bicchi e Siciliano nell’articolo “Robotica e InterAction Technology: il ruolo chiave dell’Italia nella prossima rivoluzione”.  

    Antonio Bicchi – professore di Robotica all’Università di Pisa e Senior Scientist all’Istituto Italiano di Tecnologia di Genov – e Bruno Siciliano – professore di Automatica all’Università Federico II, fondatore nell’ateneo partenopeo dello storico Prisma Lab e direttore di Icaros, il centro interdipartimentale di chirurgia robotica – vogliono evidenziare che il Piano nazionale di ripresa e resilienza “trascura un campo di ricerca strategico” in cui l’Italia “ha un vantaggio competitivo”. “Una possibile spiegazione – scrivono – è che si presume che queste tecnologie siano funzionali al progresso in altre aree. È infatti difficile oggi pensare di far avanzare la transizione industriale digitale, la mobilità sostenibile, la protezione dell’ambiente, l’agritech, e persino la protezione del patrimonio culturale e della biodiversità (per citare alcuni degli esempi di Ket menzionati nel piano), senza l’aiuto di Ai e robotica”.
     

    “Infatti, il testo cita più volte l’Ai come strumento per riformare la pubblica amministrazione (nelle assunzioni, negli appalti, nella regolamentazione, nella tassazione e nell’accoglienza turistica), e parla di droni per il monitoraggio ambientale e climatico” aggiungono Bicchi e Siciliani osservando che “considerare il ruolo della robotica e dell’AI come un abilitatore implicito, invece che come una tecnologia abilitante chiave di per sé, ha però conseguenze negative per la ricerca e l’innovazione in questo campo”. “Rischiamo di perdere di vista – spiegano i due robotici- gli elementi comuni tra queste diverse aree di applicazione, e le sinergie positive che derivano dagli sforzi multidisciplinari. Noi sosteniamo l’importanza di investire non solo nelle applicazioni “verticali”, ma anche nella ricerca fondamentale “orizzontale” che può portare allo sviluppo di una teoria generale e di una tecnologia globale di AI e robotica. Per fare ciò, è utile iniziare chiarendo la terminologia”.  

    “I media spesso – sottolineano i robotici Bicchi e Siciliano nel loro articolo pubblicato da Nature Italy – usano indiscriminatamente i termini Ai e robotica in modo confuso. Anche negli ambienti scientifici, dato che c’è così tanta sovrapposizione di ambito e metodi, non è sempre evidente se le differenze nei problemi di ricerca permettano di parlare di due discipline distinte, o se l’una faccia parte dell’altra”. “Diverse definizioni esistenti di intelligenza artificiale, convergono verso l’idea di implementare le caratteristiche essenziali della cognizione umana in un computer. Nel programma dei pionieri, l’obiettivo dell’AI era la comprensione definitiva dell’intelligenza, con ovvie applicazioni pratiche nella creazione di dispositivi intelligenti o persino di robot. Colloquialmente oggi il termine AI descrive le macchine che imitano le funzioni cognitive della mente umana, come l’apprendimento e la risoluzione dei problemi, che fondamentalmente equivalgono all’elaborazione dei dati. Al contrario, – proseguono Bicchi e Siciliano- nella definizione nitida e comunemente accettata da parte di Michael Brady nel 1980, la robotica è la connessione intelligente della percezione all’azione. I robot esistono per elaborare l’interazione con il mondo fisico – non solo cervelli (intelligenza) e sensori (percezione) ma anche corpi (azione)”. 

    Bicchi e Siciliano argomentano ancora che “il fatto che l’AI si concentri maggiormente sulla riproduzione delle abilità cognitive che risiedono nel sistema nervoso centrale, come l’elaborazione delle immagini e del linguaggio, mentre la robotica si concentra sulle abilità fisiche che coinvolgono altre parti del corpo, come la manipolazione e la locomozione, è solo la punta dell’iceberg. Le differenze tra i due tipi di intelligenza in gioco sono ben note almeno dagli anni ’80, e meglio esemplificate dal paradosso di Moravec secondo cui “è relativamente facile far sì che i computer raggiungano prestazioni paragonabili a quelle di un adulto nei test di intelligenza o nella dama, ma è difficile o impossibile dar loro le abilità di un bambino di un anno quando si tratta di percezione e mobilità”. 

    “Un’ulteriore prova del divario tra l’elaborazione delle informazioni e l’interazione viene dal confronto tra la visione e l’udito e il tatto. L’Ai -segnalano Bicchi e Siciliano nel documento- ha fatto grandi progressi nell’elaborazione di immagini e suoni, ma le informazioni tattili rimangono una sfida molto più grande. Per gli esseri umani, il senso del tatto è di fondamentale importanza. Un bambino inizia a interagire con il mondo toccando tutti gli oggetti e impara intuitivamente come afferrarli e manipolarli grazie all’intelligenza incarnata nelle sue mani, in associazione con, ma oltre, la memoria visiva degli oggetti. In effetti, la manipolazione dell’ambiente è un perfetto esempio delle sfide cruciali che abbiamo di fronte. Il 20 luglio 2021 Wojciech Zaremba, un co-fondatore di OpenAi con sede a San Francisco, ha annunciato che il team di robotica della società, noto per aver imparato a ordinare un cubo di Rubik con una mano robotica da zero, era stato sciolto. Zarembra riconosce la difficoltà di acquisire abbastanza informazioni del mondo reale, per alimentare algoritmi di apprendimento di tipo supervised o reinforced”.  

    “Per risolvere compiti non strutturati e altamente interattivi nel mondo reale, i dati non possono essere dati per scontati – il sistema stesso deve ottenerli dall’ambiente attraverso l’interazione.
    Questa è la sfida fondamentale che la robotica pone al futuro dell’Ai,
    una sfida che rende le due discipline inseparabili”
    rimarcano Bicchi e Siciliano nell’articolo pubblicato da Nature Italy.

    Nella dichiarazione della missione dell’Istituto Italiano di Robotica e Macchine Intelligenti (I-Rim) si propone il neologismo InterAction Technology (Iat) – dove la ‘A’ è volutamente maiuscola per sottolineare l’importanza dell’azione fisica. Affrontando il problema dell’apprendimento dell’interazione, la robotica e l’IA produrranno una nuova generazione di dispositivi intelligenti in grado di collaborare con le persone e interagire con l’ambiente, fornendo così l’anello mancante tra il mondo digitale e quello fisico in cui viviamo. In questo senso, la Iat rappresenta la naturale evoluzione dell’Information Technology (It) verso una reale simbiosi tra uomo e macchina” si legge ancora nell’articolo firmato da Antonio Bicchi e Bruno Siciliano su Nature Italy. 

    “La Iat, come tecnologia che dà corpo all’Intelligenza Artificiale, -proseguono- avrà un ruolo chiave nel prossimo futuro. Già oggi è il motore della competitività e della flessibilità dell’industria manifatturiera, dove l’Italia ha una delle sue eccellenze più resistenti. La robotica per i servizi sta mostrando effetti ancora più dirompenti in settori come l’agricoltura, la sanità, il monitoraggio ambientale, la sicurezza, i trasporti, le infrastrutture e i servizi pubblici. La robotica europea è all’avanguardia nel mondo e gli scienziati italiani sono tra i primi in Europa. La qualità media delle nostre pubblicazioni è la migliore al mondo nel top 10% delle più citate, e seconda solo agli Usa per impatto e numero medio di citazioni. La manifattura italiana è prima in Europa per valore aggiunto, e le macchine intelligenti che producono i nostri beni sono in gran parte made in Italy”. 

    Bicchi e Siciliano avvertono infine che “se l’Italia vuole essere nel gruppo di testa della prossima rivoluzione tecnologica, non deve fare altro che investire in un campo in cui ha già un vantaggio competitivo. Questa è la strada indicata dall’Europa con Horizon Europe e le partnership pubblico-private (Ppp) in Ai, Data Science e Robotica, e le comunità nazionali della robotica e dell’Intelligenza Artificiale si collocano al centro di questi sforzi. Affinché l’Italia consolidi la sua leadership scientifica e industriale, è necessario rafforzare l’unità della ricerca fondamentale e dello sviluppo tecnologico nelle diverse applicazioni”.
    “Ci auguriamo quindi che il governo pianifichi azioni chiare ed energiche nella realizzazione del Pnrr, dove la robotica e le macchine intelligenti potrebbero giocare un ruolo chiave per il benessere dei cittadini e per lo sviluppo economico e industriale del nostro Paese” é l’indicazione affidata dai due scienziati alla pubblicazione su Nature Italy.