In attesa di ritornare online con BioMedical Report, la rubrica scientifica coordinata dall’immunologo Mauro Minelli responsabile per il Sud-Italia della Fondazione per la Medicina Personalizzata, ecco un altro dei prologhi preparatori, utile a capire i limiti delle politiche sanitarie nel tempo della Covid-19, in una fase tuttavia di allentamento della morsa del virus, parallelamente al raggiungimento di una quota record di vaccini anticovid somministrati in Italia.
Questa volta ascoltiamo l’autorevole parere dell’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali.
Secondo Zamagni la visione ospedalocentrica che ha caratterizzato le politiche sanitarie, specie in alcune regioni (vedi la Lombardia), non è stata all’altezza di soddisfare i bisogni di benessere della popolazione. “Questo ha fatto credere che la medicina ospedaliera sia di ordine superiore a quella territoriale, mentre il cittadino dovrebbe poter contare su una serie di controlli e filtri che, in Italia, sono venuti a mancare e l’esperienza della pandemia ha messo in luce proprio questa debolezza del nostro sistema sanitario.
Per uscire da questa difficoltà dovremmo puntare sulla “deburocratizzazione”, evitando però di gettare la croce addosso a medici, personale sanitario o amministrativo, perché il vero problema è che i medici, secondo il modello “Principal Agent”, sono posti ad un livello inferiore o secondario rispetto ai dirigenti. Voglio dire che – spiega Zamagni – mentre il dirigente (il cosiddetto manager dell’azienda ospedaliera) deve rispondere solo all’assessore alla sanità e agisce in conto proprio, il medico agisce seguendo le indicazioni del dirigente ma, al tempo stesso, deve rispondere ai suoi pazienti che chiedono più attenzione, più tempo, più qualità delle cure. È soffocato quindi in una morsa direi immorale.”
Ma quanto le idee no vax e un rigurgito antiscientifico hanno condizionato la stagione della pandemia da CoViD-19, e perché?
Il prof Zamagni risponde affermando che in Italia è mancata del tutto l’informazione e la consapevolezza scientifica in materia sanitaria.
A differenza del dopoguerra, quando i governi del tempo avviarono svariate attività di sensibilizzazione e comunicazione sociale per educare i cittadini, a partire dalla buona alimentazione, sul finire degli anni 60 tale pratica si è interrotta e oggi il cittadino è in balia della sua inconsapevolezza che viene facilmente aggredita da chi propaganda alcuni slogan. Insomma – conclude Zamagni – è sufficiente che uno dei cosiddetti influencer che goda di una certa riconoscibilità sociale propini strane idee per occupare uno spazio enorme lasciato libero dall’ignoranza della gente in materia sanitaria.