Nel caso Luis Suarez sono proprio le intercettazioni che hanno portato alla ribalta l’esame farsa sostenuto all’Università per stranieri di Perugia il primo punto che le parti hanno affrontato nell’udienza che si è tenuta questa mattina nel Tribunale del capoluogo umbro. A un anno di distanza dall’indagine terminata con la richiesta di rinvio a giudizio per l’ex rettrice Giuliana Grego Bolli, per l’ex direttore generale Simone Olivieri, per la professoressa Stefania Spina e per l’avvocato della Juventus Maria Turco e con il patteggiamento del docente esaminatore Lorenzo Rocca, l’inchiesta è approdata davanti al gup Natalia Giubilei che, in accordo tra le parti, ha disposto la perizia di tutte le intercettazioni presenti agli atti, sia ambientali sia telefoniche. Un esame farsa secondo l’accusa, sostenuto dal calciatore in un italiano incerto e con l’utilizzo di espressioni come “bambino porta cocumella” o “io parlare con mia moglie”.
Tra le intercettazioni principali emerse dall’inchiesta e costate l’iscrizione nel registro degli indagati agli allora vertici dell’ateneo, si ricordano: “Non dovrebbe, deve, passerà, perché con 10 milioni a stagione di stipendio non glieli puoi far saltare perché non ha il B1” e ancora: “Non coniuga i verbi” e ”parla all’infinito”. E poi, riportate nelle carte dell’inchiesta, un’altra conversazione tra gli indagati: “Io lo faccio già preparare ma devo attendere l’anagrafica, quando una volta che si è inserito, io posso già metterci il voto. Mi dici tu che voto ci do e via”. “Brava, mettici il minimo”. E l’altra rispondeva: ‘3, 3, 3, 3, 3”. “Brava perfetto, metti tutti 3. E perché tanto ho sentito la rettrice ieri, la linea è quella”. In un’altra intercettazione un’indagata dice: ”Per dirtela tutta oggi abbiamo praticamente concordato quello che gli farà l’esame. Quindi mi ha detto fagli scegliere ste due immagini”. E ancora: ”Oggi c’ho l’ultima lezione e me la devo preparare perché non spiccica na parola”. ”Far passare due ore di lezione con uno così non è facile”.