In Italia, secondo la Società italiana di cardiologia interventistica (Gise), oltre un milione di over 65 (il 12,5%) soffrono di malattie delle valvole cardiache. Tra queste patologie, la stenosi della valvola aortica e l’insufficienza della valvola mitralica sono nettamente le più frequenti, ma anche l’insufficienza della valvola tricuspide si riscontra spesso nella popolazione generale, spiegano gli esperti che illustrano le caratteristiche e i benefici di ‘Pascal’, “il più recente dispositivo messo a punto” per l’intervento mininvasivo sulla valvola malata (procedura transcatetere). Un sistema “indicato per la riduzione del rigurgito delle valvole mitrale e tricuspide”, che ha mostrato “un tasso di sopravvivenza dell’80%” nei pazienti arruolati negli studi clinici disegnati per valutarne i vantaggi.
Gli specialisti Gise stimano “in oltre 600mila il numero di persone che soffrono di insufficienza mitralica moderata o grave, considerando che la percentuale di popolazione over 75 con insufficienza mitralica sia pari al 10%, mentre l’insufficienza tricuspidale interesserebbe lo 0,8% della popolazione, che diventa il 5,6% delle donne e l’1,5% degli uomini sopra i 70 anni”. E “sebbene le malattie valvolari possano impattare notevolmente sulla qualità della vita di chi ne soffre, sono ancora poco conosciute e spesso trascurate”, sottolineano gli esperti: secondo un’indagine condotta da Global Heart Hub nel 2019, solo il 7,6% degli italiani ultra 60enni è in grado di definire correttamente la malattia valvolare cardiaca e soltanto il 6,2% è preoccupato per questa patologia, rispetto ad altre malattie come cancro (41,5%) e Alzheimer (28%).
Queste patologie – ricorda una nota – si sviluppano quando una valvola del cuore si deteriora, provocando un’alterazione del flusso sanguigno e debilitando l’intero l’organismo. In particolare, la stenosi aortica causa un’importante ostruzione al normale flusso del sangue dal cuore al resto del corpo tramite l’arteria aorta, mentre l’insufficienza valvolare provoca un rigurgito di parte del flusso sanguigno che procede controcorrente nella parte sinistra (insufficienza mitralica) o destra (insufficienza tricuspidale) del cuore. Per queste malattie esistono oggi trattamenti innovativi e alternativi alla chirurgia tradizionale ‘a cuore aperto’, che permettono di sostituire o riparare la valvola malata attraverso una procedura transcatetere. L’intervento, mininvasivo, non richiede l’arresto del cuore o l’apertura del torace e spesso si svolge in anestesia locale. Si tratta di inserire un catetere in genere attraverso una piccola incisione nella coscia o nel torace in corrispondenza della punta del cuore, raggiungendo il cuore stesso e sostituendo la valvola malata con una protesi. In questo quadro si colloca la novità del sistema di riparazione Pascal.
“In passato, il trattamento chirurgico era l’unica opzione per i pazienti con rigurgito severo della valvola mitrale e non era indicato per i pazienti ad alto rischio chirurgico – afferma Sergio Berti, direttore Unità operativa complessa Cardiologia diagnostica e interventistica, Fondazione Gabriele Monasterio, Regione Toscana Cnr, Massa – Per quanto riguarda la valvola tricuspide la situazione è ancora peggiore”, poiché “è una valvola complessa, fragile e di difficile accesso con la chirurgia tradizionale. Finora le opzioni di trattamento erano molto limitate e solo l’1% di chi ne soffre può affrontare un intervento a cuore aperto. Ecco perché è importante offrire a questi pazienti ulteriori opzioni di cura”.
Il sistema di riparazione Pascal è stato valutato con il programma di studi Clasp, prosegue la nota. Dai risultati clinici è emerso appunto un tasso di sopravvivenza dell’80% nei soggetti arruolati. A 2 anni dal trattamento, il 78% dei pazienti aveva un rigurgito mitrale lieve (1+) o inesistente. I risultati della riparazione della valvola tricuspide hanno dimostrato una sicurezza d’impianto, una riduzione significativa del rigurgito tricuspidale ed elevati tassi di successo clinico, di impianto e procedurale, dimostrando anche bassi tassi di complicanze. Nei pazienti arruolati si era rilevato inizialmente un rigurgito tricuspidale grave e sintomatico, che dopo 6 mesi dal trattamento si mostrava lieve o moderato nel 78% dei casi.
“Le terapie di riparazione transcatetere hanno aperto un nuovo capitolo nel trattamento delle malattie delle valvole cardiache – evidenzia Federico De Marco, responsabile Interventistica strutturale, Irccs Policlinico San Donato – Con questi approcci minimamente invasivi, i pazienti sono in grado di lasciare l’ospedale dopo pochi giorni e tornare rapidamente alla loro vita normale. Covid-19 ha avuto un impatto significativo sui pazienti con patologie cardiache, che sono stati lasciati senza trattamento per troppo tempo. La pandemia ha dimostrato la necessità di un maggior numero di terapie transcatetere, dal momento che riducono il rischio di riospedalizzazione, possono richiedere una minore durata della degenza e portare a tempi di recupero più rapidi”.
L’impatto economico e sociale derivante dall’ipotesi di un aumento del numero di pazienti trattati con queste procedure innovative, rispetto alle tradizionali – si legge ancora nella nota – è stato valutato da uno studio condotto dal Dipartimento Eehta-Ceis, Facoltà di Economia, università degli Studi di Roma Tor Vergata, per mezzo di un modello di budget impact, per la prima volta con dati real world.
“E’ emerso come il maggiore utilizzo di procedure innovative, oltre a riduzioni dei costi (circa 1 milione di euro per la popolazione over 75), riesce a evitare giornate di degenza (riduzione di 11mila giorni per la popolazione under 75 e di 15mila per la popolazione over 75), con importanti vantaggi tanto per i pazienti quanto per l’organizzazione ospedaliera – rimarca Francesco Saverio Mennini, direttore Eehta-Ceis – Tutto questo comporta inoltre una riduzione importante della perdita di produttività, tanto dei pazienti quanto dei caregiver, nel caso della popolazione sopra i 75 anni, e della disabilità, con conseguente riduzione del peso economico e finanziario dell’Inps, che tra il 2009 e il 2015 ha registrato, con riferimento ai costi per le indennità di accompagnamento, un incremento pari al 22%”.
“I risultati di questa analisi – conclude l’economista sanitario – fanno riflettere, una volta di più, sull’esigenza di ricorrere a tecnologie efficaci che rappresentano un vantaggio per il sistema nel suo complesso, ma soprattutto un vantaggio per i pazienti che vedono migliorare il loro stato di salute e la loro qualità di vita”.