Sono ancora 153 i Comuni che non sono confluiti nell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), istituita, ben 16 anni fa, dal Decreto legislativo n. 82 del 2005, meglio noto come Cad (Codice dell’Amministrazione digitale) e che avrebbe dovuto vedere la luce entro il 31 dicembre 2014. E’ quanto emerge dai calcoli di Csel, il Centro Studi Enti Locali, elaborati per l’Adnkronos.
Ma che cos’è esattamente l’Anagrafe nazionale della popolazione residente? Si tratta di un’unica banca dati nazionale, pensata per far confluire in un unico grande “contenitore” tutte le informazioni prima disperse negli archivi dei quasi 8mila comuni italiani, oltre che nell’Indice nazionale delle anagrafi (Ina) e nell’Anagrafe della popolazione italiana residente all’estero (Aire). L’Anpr, rileva Csel, rappresenta una occasione senza precedenti di svincolare i cittadini dall’onere di rivolgersi ad uno specifico ufficio per ottenere un determinato documento o certificato e fa sì che questi possano essere richiesti presso qualsiasi ente oppure online. Con il superamento della frammentazione dei sistemi demografici e delle banche dati in uso a livello locale, è stato infatti messo in piedi un unico sistema centralizzato che consenta lo scambio informativo tra i Comuni, nell’ottica della semplificazione dei processi amministrativi, una maggiore efficienza nei servizi resi dalla Pubblica Amministrazione ai cittadini.
Avere una Anagrafe nazionale della popolazione residente completa e aggiornata consentirebbe inoltre di allineare le banche dati locali con quelle che contengono dati di interesse nazionale, garantendo il censimento continuo e la disponibilità di servizi anagrafici centralizzati per pubblici servizi. Quello delle grandi quantità di dati chiusi a compartimenti stagni nei vari settori della P.A. (Amministrazioni locali, agenzia delle Entrate, Agenzia del Demanio ecc), è infatti una delle annose questioni che hanno, ad esempio, sempre limitato l’efficace delle misure di contrasto all’evasioni. Si prospettano dunque vantaggi enormi, sia per gli utenti che per gli operatori comunali che, grazie alla grossa spinta verso la digitalizzazione connessa a questo passaggio, avranno la possibilità di adottare procedure molto più snelle.
Qual è lo stato di attuazione di questa piccola rivoluzione digitale? Il “contatore” predisposto dal Viminale segnala che, alla data del 18 settembre 2021, questa piccola rivoluzione è già realtà per i 65 milioni e 884.264 italiani che vivono nei 7.705 comuni confluiti nella banca dati. Questi cittadini hanno oggi la facoltà di accedere all’Anpr, tramite Carta d’Identità Elettronica, Carta Nazionale dei Servizi o Spid e consultare, scaricare e stampare i propri dati anagrafici (ad esempio le proprie generalità, la composizione della tua famiglia, gli estremi del proprio atto di nascita) e richiedere autocertificazioni sostitutive delle certificazioni anagrafiche. Possibilità queste che sono invece precluse ai cittadini di quei 153 enti che, a quasi 7 anni di distanza da quello che avrebbe dovuto essere il termine ultimo (poi prorogato a più riprese) per far confluire i dati della propria anagrafe nella banca dati, non hanno ancora provveduto a mettere in piedi le procedure necessarie per farlo.
Non si può dire che il Viminale non si sia battuto in questi anni per esortare gli enti ad affrettarsi. Sono state prodotte decine di Circolari che sollecitavano le amministrazioni a provvedere con urgenza e a rivolgersi agli uffici preposti ove avessero avuto bisogno di assistenza. Nel 2017 poi (quando il termine ultimo era già scivolato 4 anni in avanti, rispetto alla data iniziale, ed era stato quindi fissato al 31 dicembre 2018) sono anche stati banditi dei contributi ad hoc, finanziati con risorse afferenti al Programma Operativo Nazionale “Governance e Capacità Istituzionale” 2014-2020. Questi erano volti proprio a facilitare l’ingresso per quegli enti che stavano incontrando difficoltà a gestire le operazioni di subentro. I contributi oscillavano dalle mille alle 7mila euro a Comune, a seconda della fascia demografica di appartenenza.
Ma quali sono le 153 amministrazioni che, ad oggi, continuano a restare al di fuori della nuova maxi-anagrafe centralizzata? Sono tutti comuni di piccole dimensioni dislocati in 14 regioni diverse. Quella che ha in assoluto il più alto numero di enti inadempienti è la Calabria, con 35 comuni ancora fuori dall’Anpr. Seguono la Campania, con 26, il Lazio e il Trentino Alto Adige (entrambi con 19), la Basilicata (17) e la Sicilia (16). Sotto quota 10, troviamo invece la Lombardia, con 5 comuni inadempienti, la Liguria e il Veneto (4), l’Abruzzo (3), la Toscana (2). Chiudono il cerchio Marche, Puglia ed Umbria con un comune ciascuna. Sei invece le regioni virtuose i cui comuni hanno già completato in toto il passaggio all’ANPR. Si tratta di Emila Romagna, Friuli Venezia Giulia, Molise, Piemonte, Sardegna e Valle d’Aosta.