“Quando l’indicazione di delfini si sussegue a ritmo di due l’anno, è evidente che non si vuole nessun delfino”. Lo dice all’Adnkronos il presidente della Liguria Giovanni Toti, commentando la proposta che avrebbe fatto il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi al presidente del Coni Giovanni Malagò di guidare il partito.
“Il delfinato – continua Toti -, uno degli ultimi nella lunga serie degli eredi mancati del Cavaliere, piace moltissimo ai giornalisti e talvolta qualche leader politico vagheggia di poter avere un delfino scelto da lui. Ma in democrazia le successioni non avvengono mai per delfinato. Io mi sono auto retrocesso ad acciuga chiedendo le primarie. Credo che il centrodestra debba riorganizzarsi sulla base del consenso, non su investiture più o meno improbabili”.
“Come tutti quelli che non vogliono un erede, non lo vogliono né per investitura né per scelta dal basso. Io -prosegue il governatore della Liguria- a Forza Italia avevo proposto un percorso, che era quello di scegliere la classe dirigente con primarie che coinvolgessero società civile, liste civiche, comitati, con il confronto di idee. Mi sembrava il percorso più logico per avviare il futuro di un partito, come il gollismo in francia e il popolarismo tedesco”.
Ma come si spiaggia il delfino? E’ Berlusconi che cambia idea o il prescelto che si tira indietro? “Quando ho accettato di fare il coordinatore di Forza Italia due anni fa -risponde Toti- avevo io stesso detto che l’avrei fatto solo per realizzare le primarie. E per prima cosa destituii tutti i coordinatori regionali. Se fossi rimasto lì buono insieme a Mara Carfagna -aggiunge il fondatore di Coraggio Italia- sarei probabilmente ancora al mio posto. Ma se vogliamo passare dalla corte del fondatore alla legittimazione popolare bisogna cambiare le regole”.
“Poi ci sono i ‘delfini a loro insaputa’. Credo che Malagò -spiega Toti- non si aspettasse più di un buon pesce al forno e si è ritrovato in un dibattito agostano, se conosco tutti i personaggi della vicenda. Che sta diventando una farsa”.
Chi sarà il prossimo delfino? “Non lo so, si oscilla tra un delfinato interno e l’imperatore straniero, cioè Matteo Salvini”. E La federazione Lega-Forza Italia? “Ero per il partito unico quando tutti ridevano, mi ritengo un delfino sfortunato -risponde Toti- arrivo sempre o in anticipo o in ritardo. La federazione mi sembra un percorso non difficile e poco ambizioso, non cambia granché. E comunque non si decide a una cena in due, ma facendo un grande movimento costituente, in cui si dice: sciogliamo la lega, Forza Italia, Coraggio Italia, l’Udc e chi vuole starci e si sceglie una nuova classe dirigente”.
Ma questo sarebbe il partito unico, non la federazione… “Se si tratta di collaborare in parlamento, lo stiamo già facendo. Se c’è un percorso un po’ ambizioso, cioè convergere in un movimento più grande con delle regole, noi ci siamo. Altrimenti non sono disponibile ad accettare una leadership scelta da altri ad una cena a cui non sono invitato”.
Ma c’è qualcuno che è stato più vicino di altri a diventare erede di Berlusconi? Fini? Alfano? “Eravamo tutti delfini, tutti uguali; non mi paragono a Fini e Alfano, l’uno presidente della Camera e ministro degli esteri, l’altro ministro per tantissimi anni, ma l’amo che ci aspettava era uguale per tutti. Nessuno voleva un delfino in quel partito, non lo voleva il fondatore e non lo voleva lo circondava, perché dal fondatore traeva la propria legittimazione, quindi non c’era possibilità. E sarebbe stato anche inutile”.
Toti quindi conclude: “La mia proposta a tutti i colleghi della stampa è una moratoria sui delfini. Lasciamoli stare, sono mammiferi che vanno protetti, che vivano sereni nel mare. Se volete vederli venite in Liguria”.