L’uso massiccio della cassa integrazione durante i mesi della pandemia ha messo in luce le rigidità dello strumento e confermato la necessità di una riforma degli ammortizzatori sociali: sono le conclusioni cui giunge il terzo numero di Labour Issues, l’Osservatorio del mercato del lavoro realizzato da Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, e da Adapt.
“Combinato con il blocco dei licenziamenti – spiega nel suo editoriale il presidente di Cida, Mario Mantovani – il ricorso alla cig ha avuto l’obiettivo di congelare una situazione pre-Covid, immaginando un rapido ritorno alla normalità. Scelta comprensibile nei primi mesi di pandemia, ma che si sarebbe dovuta superare una volta compreso che con i limiti alle attività dobbiamo convivere a lungo. L’analisi, sviluppata nel terzo numero dell’Osservatorio, evidenzia l’inadeguatezza di uno strumento ormai ‘datato’. Nata nell’ambito dei settori manifatturiero, delle costruzioni e delle attività estrattive, la cig ordinaria è stata nel tempo applicata ‘in deroga’ agli altri settori, con una vera e propria esplosione nel 2020. Scelta spiegabile per il relativo grado di consolidamento delle procedure di accesso, salvo il tentativo di coinvolgere le regioni, quasi sempre impreparate al compito, ma indice di una carenza strutturale complessiva”.
“L’estensione agli altri settori – sottolinea – non ha infatti impedito la caduta dell’occupazione in molti di essi, in particolare quelli in cui prevalgono il contratto a tempo determinato e le collaborazioni con lavoratori autonomi. Ma l’analisi mostra anche un altro effetto: non vi è stata correlazione tra i settori maggiormente penalizzati e con surplus di occupazione e utilizzo della cig; quelli che ne hanno più beneficiato hanno avuto cadute di attività e fatturato spesso inferiori. La cig, finanziata con appositi contributi, ha quindi funzionato nei settori in cui era già ampiamente diffusa soprattutto come misura di sostegno alle discontinuità produttive”.
“Il dibattito sugli ammortizzatori sociali rimane perciò più che mai vivo e non può prescindere da un’analisi più approfondita della domanda di lavoro: quali settori sono destinati a crescere, anche se attraversano crisi temporanee, quali a contrarsi? Quali aziende hanno prospettive di sviluppo, quali di riorganizzazione, ricomposizione sul mercato o liquidazione? E’ bene quindi che si parli di un ammortizzatore sociale ‘universale’, a patto che sia modulato sulle diverse condizioni contrattuali e aziendali”, conclude Mantovani.
Per quanto riguarda l’aspetto metodologico, nel terzo numero dell’Osservatorio Cida-Adapt si è fatto riferimento ai dati sull’utilizzo delle diverse tipologie di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria, in deroga) sia per gli operai che per gli impiegati nei diversi settori produttivi. L’arco temporale individuato è primariamente quello 2019-2020 per poter cogliere i cambiamenti che sono intercorsi con l’emergere della pandemia, con un’esplosione delle ore autorizzate che hanno raggiunto livelli superiori a quanto accaduto nella crisi del 2008.
Questo principalmente a causa della repentinità delle chiusure aziendali e quindi della domanda di ammortizzatori sociali che è stata determinata non da una dinamica economica che, come tale, ha una sua evoluzione temporale, quanto piuttosto da decisioni amministrative connesse alla riduzione del rischio di contagio. La conseguenza è stata che a partire da marzo la crescita della domanda di autorizzazione di ore di cassa, e poi le ore autorizzate, è cresciuta esponenzialmente, complici anche i costi ridotti o azzerati della stessa. Il report rappresenta anche le dinamiche generali del mercato del lavoro, in atto nella prima parte del 2021: prosegue la caduta del lavoro autonomo e si impone un ragionamento sulla distinzione netta tra subordinati e non regge il tempo indeterminato dopo la caduta di fine anno, riprende a crescere il tempo determinato.