Diffida formale dei Comitati aderenti alla Rete Nazionale Scuola in Presenza alla Regione Emilia Romagna “nella persona del suo Presidente a disporre l’immediata pubblica ritrattazione di ogni dichiarazione allarmistica ed illegittima che discrimini gli studenti vaccinati da quelli non vaccinati, prevedendo solo per i primi didattica in presenza ed eliminazione della quarantena”.
La rete contesta quanto dichiarato dall’assessore alla Sanità della Regione, Raffaele Donini che sul ricorso all’obbligo vaccinale “sembra aprire la strada a provvedimenti discriminatori di quarantene e di Dad per gli studenti non vaccinati”. I comitati pertanto chiedono “al Governo di intervenire per porre fine a questa ‘illogicità’ e ‘confusione’ in ambito sanitario che ha visto gli studenti dell’Emilia-Romagna fra i più penalizzati d’Italia con appena 72 giorni di scuola in presenza dal 24.02.2020 (per le scuole superiori)”.
In data 29 giugno 2021 l’Assessore alla Sanità dell’Emilia-Romagna (E-R), Raffaele Donini, secondo quanto si legge nel comunicato, ha pubblicamente dichiarato e pubblicato sul sito della regione, dando valore di comunicazione ufficiale, che solo con la vaccinazione della popolazione in età scolastica dai 12 ai 19 anni “la scuola potrà affrontare la ripartenza senza più ricorrere alla didattica a distanza, perché credo sia giusto, per la popolazione vaccinata, che possa sottrarsi a qualunque provvedimento di quarantena e di didattica a distanza, qualsiasi scenario epidemiologico dovessimo avere in autunno”.
“Queste dichiarazioni hanno suscitato il nostro sconcerto – commenta la Rete – perché qualsiasi atto normativo, provvedimento ministeriale o regionale che ne possa scaturire risulterebbe fortemente discriminatorio, irragionevole e palesemente in contrasto con i principi costituzionali e del diritto dell’Ue. Il libero accesso all’istruzione, garantito dall’art. 34 della Costituzione, verrebbe vincolato all’imposizione (formale o indotta) del vaccino anti Covid-19 agli studenti, con la conseguenza che per accedere alla scuola in presenza i ragazzi di fatto sarebbero obbligati a farlo, in palese contrasto con l’art. 32, comma 2 della Costituzione che afferma come ‘nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge’. Anche per tale motivo le affermazioni dell’assessore Raffaele Donini risultano perciò gravi e preoccupanti, oltre che inopportune dato il ruolo istituzionale dallo stesso ricoperto”.
“Si ricorda – prosegue – come il Regolamento Ue 2021/953 (su un quadro per il rilascio, la verifica e l’accettazione di certificati interoperabili di vaccinazione, di test e di guarigione in relazione alla Covid-19 – certificato Covid digitale dell’UE – per agevolare la libera circolazione delle persone durante la pandemia di Covid-19, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea L 211 del 15 giugno 2021) al 36° Considerando – in coerenza con quanto stabilito dalla Risoluzione del Consiglio di d’Europa n.2361/2021 ai punti 7.3.2 e 7.5.2 – dispone che vanno impedite discriminazioni dirette o indirette verso persone non vaccinate, per ragioni mediche, per gruppi esclusi da quelli per i quali il vaccino è raccomandato, come i bambini, perché non hanno potuto farlo o che scelgono di non essere vaccinati. E’ chiaramente scritto infine che “il presente regolamento non può essere interpretato nel senso che istituisce un diritto o un obbligo a essere vaccinati”.
“Gli effetti discriminatori diretti e indiretti derivanti dalla volontà espressa o indotta a vaccinare gli studenti sarebbero quindi molteplici: Si verrebbe a creare innanzitutto una discriminazione diretta di fatto tra ragazzi e il resto della popolazione adulta – per la quale giustamente non esiste l’obbligo di vaccinarsi – e questo sia in assenza di una qualsiasi valida motivazione anche scientifica in tal senso, che di un provvedimento legislativo; Verrebbe poi a configurarsi una discriminazione tra ragazzi vaccinati e ragazzi non vaccinati sul diritto a frequentare la scuola in presenza, che è un diritto fondamentale per tutti. Ciò in palese contrasto con i richiami normativi appena esposti. Oltre ai danni alla salute psico-fisica degli studenti, danni relazionali e di apprendimento per chi non decida o non possa vaccinarsi per fragilità soggettive, questa forma di obbligo indotto come discutibile meccanismo protettivo collettivo – il vaccino protegge dagli effetti del virus, non dal contagio – aumenterebbe il rischio di un aumento dell’evasione scolastica ed anche della criminalità giovanile”.
I Comitati aderenti alla Rete Nazionale Scuola in Presenza alla Regione Emilia Romagna, ricordano inoltre che “l’Italia sarebbe l’unico Paese dell’Ue che impone l’obbligo di vaccinazione agli studenti, provocando di fatto una discriminazione istituzionalizzata” rispetto tutti gli altri studenti Ue”. Ed evidenziano infine che “in Emilia Romagna la fascia di cittadini 70-79 anni è stata immunizzata con seconda dose al 58,03%: risulta immorale andare a sottoporre a inoculazione la fascia di età 12-19 (e addirittura subordinarne l’accesso a scuola!) laddove la regione non ha saputo garantire le dosi sufficienti per una fascia di età molto più a rischio quale la fascia di età 70-79, o non è stata capace di “convincerla” a livello di comunicazione”.
“E’ doveroso qui precisare che i Comitati aderenti alla Rete Nazionale Scuola in Presenza non possono essere tacciati di disconoscere l’importanza dei vaccini per la tutela della salute pubblica – precisano – ma sono fermi nel contestare la legittimità di voler imporre un obbligo vaccinale – anche di fatto – ai minori e agli studenti per vedere loro riconosciuto il diritto costituzionale ad andare a scuola in presenza. I dati dell’Iss dimostrano come i giovani molto raramente contraggono il virus o si ammalano (i decessi nella fascia di età 0-19 anni da marzo 2020 al 28 aprile 2021 sono stati 24 su 130.000, quasi tutti con comorbidità). Sempre dal punto di vista giuridico, sarebbe la prima volta nella storia – e dunque un vero e proprio inedito etico-sociale-sanitario – che si impone, ai minorenni ed ai ragazzi (come condizione per poter frequentare la scuola in presenza) di sottoporsi a vaccinazione non per proteggere sé stessi, ma per tutelare gli adulti.
Dal punto di vista giuridico, si evidenzia che già il Tar del Lazio (Sezione I, ordinanza n.1947/2021) e il Consiglio di Stato (Sezione Terza, decreto n.n.1777/2021 ) hanno censurato i provvedimenti di utilizzo prolungato della didattica a distanza a seguito della chiusura delle scuole, proprio per la carenza d proprio per la carenza di “evidenze scientifiche solide e incontrovertibili” a supporto di tali provvedimenti a fronte di una “grave compressione del diritto all’istruzione”. Chiaramente oltre al diritto all’istruzione, vanno adeguatamente considerati e bilanciati anche il superiore interesse del bambino e dell’adolescente (articoli 3 Uncdc e art. 24 Carta dei diritti UE) e il diritto alla salute degli stessi (art. 32, co. 1 Cost.).
“A tal proposito, si deve rilevare come nel Regno Unito, la Royal College of Pediatrics and Child Health raccomanda la vaccinazione solo per i ragazzi ad alto rischio di esposizione e/o di gravi esiti 2. In Francia, il Consiglio Nazionale di Bioetica afferma che il beneficio individuale diretto della vaccinazione per bambini e adolescenti è molto limitato in termini di rischi associati all’infezione 3. In Germania la Commissione Permanente di Vaccinazione ha deciso di non raccomandare la vaccinazione tra i 12 e i 16 anni perché i dati dello studio di approvazione del produttore Pfizer non sono sufficienti in quanto il numero di bambini vaccinati è semplicemente troppo piccolo per fare una dichiarazione affidabile sulla sicurezza in questa fascia di età 4”.
“Anche in Italia – conclude il comunicato – sono giunti alle stesse conclusioni, un autorevole team di epidemiologi, biostatisti, pediatri, psicologi e biologi, secondo i quali è d’obbligo l’adozione di un principio di cautela nella vaccinazione dei minori per motivi medici etici (rifacendosi all’appello del direttore dell’Oms contro l’egoismo dei paesi ricchi che vaccinano gruppi con rischi pressoché nulli, a fronte di paesi poveri dove milioni di anziani e fragili aspettano di essere vaccinati) e di precauzione (come dichiarato dalla stessa Pfizer/Biontech non è stato possibile valutare effetti collaterali rari, visto il numero ridotto di bambini partecipanti allo studio sperimentale)”.