“Non abbassiamo troppo la guardia, e non pensiamo che la guerra” contro il covid “sia finita. Dobbiamo continuare a vaccinare come matti, bambini ed adolescenti compresi (quadruplo yeah) perché solo se arriveremo ad ottobre con il 70-80% della popolazione vaccinata saremo abbastanza sicuri di evitare brutte sorprese invernali”. E’ il messaggio del virologo italiano Guido Silvestri, docente negli Usa alla Emory University di Atlanta, che in un post su Facebook fa il punto sulla situazione Covid, sulle battaglie vinte e sugli attacchi subiti dal gruppo ‘Pillole di ottimismo’, da lui fondato. “Dobbiamo, giustamente, essere orgogliosi della rapidità con cui l’inferno benefico della scienza ci sta liberando da questo virus (esattamente come avevamo previsto un anno fa), ma dobbiamo far pressione sui policymaker, in Italia come negli Usa, in modo tale che le ricadute delle nostre scoperte scientifiche per la società civile siano tempestive, durature e soprattutto universali, per tutti gli abitanti del nostro pianeta”, aggiunge.
Non abbassare la guardia, dunque, ma basta con la “narrazione catastrofista” che, spesso, ha prevalso in questo lungo anno. “Una narrazione organica ad una gestione politica della pandemia – scrive Silvestri – che deve giustificare numeri tra i peggiori al mondo, utile a tanti media che hanno giocato sulla paura per prendere i click, e condonata, ahimè, da esperti prigionieri di una visione difensiva della salute pubblica, secondo cui solo i danni del virus sono da temere (e nient’altro)”. Un anno dopo questa “narrazione, spacciata per scientifica (ma in realtà pura propaganda, come hanno capito anche i muri), si è sbriciolata da tutte le parti, come un castello di carta. I vaccini sono arrivati, presto e bene, e la loro efficacia è fuori di dubbio, mentre su quella dei lockdown le domande aumentano ogni giorno. Gli anticorpi monoclonali funzionano (oh yeah), il virus si comporta in modo stagionale (doppio yeah), e l’ottimismo della conoscenza ha stravinto sul pessimismo peloso di questi suppostari da quattro soldi (triplo yeah)”.