Il contratto di manutenzione della funivia del Mottarone è al centro dell’inchiesta della procura di Verbania che sta cercando di capire le cause dell’incidente in cui hanno perso la vita 14 persone. I ritardi nelle riparazioni, denunciati all’Adnkronos dal capo servizio Gabriele Tadini, potrebbero avere un peso. I fatti, al momento, sono che è la rottura della fune traente l’innesco della tragedia, con la cabina che precipita per circa 100 metri a causa del blocco al sistema frenante di emergenza. Uno stratagemma – quello di lasciare inserito il forchettone – che, confessa Tadini attualmente agli arresti domiciliari, viene usato diverse volte – una decina lo scorso maggio – per risolvere quei rumori forse dovuti a una perdita di pressione del sistema frenante della cabina che la manutenzione, per due volte, non riesce a sbrogliare.
Le richieste di intervento vengono fatte, “via telefono, non via chat o mail”, da Tadini al direttore di esercizio, l’ingegnere Enrico Perocchio consulente della funivia e assunto dalla Leitner, società di Vipiteno che nel biennio 2014-2016 si occupa della ristrutturazione dell’impianto e che in subappalto affida gli interventi sulle centraline dei sistemi frenanti alla Rvs, società specializzata di Torino. Il gestore dell’impianto, Luigi Nerini paga 127mila euro l’anno per la manutenzione, un contratto fisso che non varia a seconda del numero di interventi richiesti, interventi che devono essere svolti in tempi certi e non dilatati, tendenzialmente entro poche ore dalla chiamata.
Eppure a sentire Tadini i tempi non sono così rapidi. “Il primo intervento sul sistema frenante è del 5 febbraio scorso – riferisce all’Adnkronos il suo legale Marcello Perillo che ieri ha incontrato per tre ore il suo assistito -, ma dopo venti giorni circa c’è una seconda chiamata per lo stesso problema eppure la manutenzione interviene solo il 30 aprile, come emerge dai documenti. Quanto alla terza richiesta di manutenzione sempre al sistema frenante avanzata a Perocchio fatta la prima settimana di maggio non è così chiaro se fosse in programma, ciò che è certo è che fino al 23 maggio, giorno del disastro, l’intervento non si verifica”. Bisognerà dunque stabilire se eventuali ritardi negli interventi possano avere avuto un peso in questa tragedia in cui Tadini, oltre ad assumersi le sue responsabilità, chiama in causa gli indagati Perocchio e Nerini che – a suo dire – sapevano dell’uso dei forchettoni per evitare che la cabina si fermasse durante la corsa. “Per me era più probabile che mi inghiottisse una voragine in strada che si rompesse la fune verificata il 20 novembre”, sono le parole di Tadini al suo avvocato.