La Procura di Roma ha aperto un fascicolo in relazione al rapimento dell’ingegnere italiano di 74 anni, Giovanni Calì’ impiegato presso la ditta di costruzioni italiana Bonifiche spa ad Haiti. I pm di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore capo Michele Prestipino, indagano per sequestro di persona a scopo di estorsione. Le indagini sono state delegate ai carabinieri del Ros.
Calì è stato prelevato, insieme a un suo collaboratore haitiano, martedì scorso dal cantiere dove si trovava per alcuni rilievi.
Giovanni ‘Vanni’ Calì “da quello che mi dicono i colleghi è una persona entusiasta del suo lavoro e che ci tiene molto. Per noi cooperanti il suo sequestro è stato uno shock e speriamo che tutto si risolva presto”. Lo afferma in un’intervista all’Adnkronos Fiammetta Cappellini, responsabile dei progetti di Avsi a Haiti, che parla al telefono dalla capitale Port-au-Prince. “La situazione nel Paese è “certamente molto difficile in questo momento” e la curva della tendenza all’instabilità e alla violenza “si è molto accentuata. Anche a nostro avviso il pericolo per tutta la popolazione e lo staff umanitario è estremamente elevato”, aggiunge.
Diverse zone di Port-au-Prince, prosegue la cooperante che dirige progetti per la risoluzione dei conflitti e per i diritti umani anche nei quartieri ‘caldi’ della capitale, sono nelle mani di gang e bande armate, mentre questo fenomeno è meno accentuato in periferia.
Quartieri popolari, veri e propri slum, come Cite Soleil, La Saline, Martissant e Bel Air sono diventati roccaforti delle gang. “Qui la polizia non può entrare e le bande continuano a rafforzarsi a livello di equipaggiamenti – spiega Cappellini – Il numero di armi nel Paese è totalmente fuori controllo”.
Di recente, racconta la cooperante, “la polizia ha tentato l’irruzione con i suoi reparti speciali in uno di questi quartieri e non solo è stata respinta, ma le sono stati sottratti anche dei blindati, che le sono stati restituiti solo dopo negoziati”. In queste zone, prosegue, i fatti di violenza sono così gravi che l’Onu ha aperto inchieste per massacri contro la popolazione: in un unico episodio di violenza ci sono stati 40 morti.
Il livello di criminalità è a livelli drammatici e molta responsabilità è dovuta alla “deriva della governance e all’incapacità di gestire il Paese”, rimarca la cooperante dell’Avsi, la più grande ong italiana presente nel Paese con 17 staff internazionali, dei quali 15 italiani e 300 haitiani.
La cooperante evidenzia quindi come l’ingegnere “aveva un incarico di supervisore di infrastrutture e al momento del sequestro stava percorrendo la strada a nord che porta fuori da Port-au Prince” nell’area di Croix-des-Bouquets, “un quartiere storicamente non a rischio, ma dove di recente c’è stato il rapimento eclatante di un gruppo di religiosi haitiani e francesi”.
“I rapimenti a Haiti sono frequentissimi, ma è molto raro che tocchino gli stranieri – prosegue – Per questo ci siamo detti che il sequestro dei francesi fosse un segnale molto negativo e purtroppo c’è stato un secondo caso in poco tempo”.
Cappellini conclude sostenendo di aver visto finora rapimenti risolversi “con il pagamento di riscatto, a parte il caso dei francesi che forse è stato l’unico in cui è stato pagato denaro. Questi gruppi dietro i sequestri non hanno un’agenda politica né vogliono pubblicità, ma agiscono solo per motivi economici”.