Il coronavirus nato in laboratorio? “Non lo so, non penso sia probabile, per ora non ci credo, ma aspetto di vedere i dati che lo dimostrerebbero. Sinceramente però, da medico, immunologo e clinico, non me ne può importare di meno”. Il dibattito sull’origine – naturale o ‘artificiale’ – del patogeno pandemico non appassiona Sergio Abrignani, immunologo dell’università Statale di Milano e componente del Comitato tecnico scientifico per l’emergenza Covid. Perché indipendentemente da dove è arrivato, spiega all’Adnkronos Salute, il nuovo coronavirus resta “un virus che ci porteremo dietro per tanto, tanto tempo e che farà parte della nostra vita. Capirne l’origine – assicura l’esperto – non cambia nulla dal punto di vista degli sforzi che dobbiamo fare per arginarlo”. Mentre l’ipotesi di uno ‘spillover di laboratorio’ acquista sostenitori nel mondo scientifico, e all’indomani di una ricerca anticipata dal ‘Daily Mail’ secondo cui due ricercatori avrebbero trovato le prove genetiche che lo sostengono, Abrignani si dice “scettico. A me non sembra credibile, però la scienza è la casa del dubbio quindi attendiamo che questi dati vengano annunciati. Tuttavia mi sembra poco probabile – precisa – perché già nel 2002 è saltato di specie un primo beta-coronavirus, che era il CoV1, dal pipistrello allo zibetto e poi all’uomo. Un altro beta-coronavirus nel 2012 è saltato dal pipistrello al dromedario e poi all’uomo. Nel 2019 è arrivato Sars-CoV-2” e anche se un animale ponte non è stato ancora individuato, “non sempre si riesce a trovare. Non è che il fatto di non trovarlo vuol dire che il virus esce da un laboratorio”.
“E’ un dibattito che sta ravvivando i complottisti, quelli che credono che sulla Luna non ci siamo mai andati”, osserva lo specialista. “E in ogni caso – ripete – dal punto di vista medico e sanitario, relativamente a tutto quello che stiamo facendo per controllare la pandemia”, scoprire eventualmente che il coronavirus di Covid non arriva dal mercato di Wuhan, bensì da un laboratorio della megalopoli cinese, “non cambierebbe di una virgola il nostro operato. E’ solo una cosa che, se dimostrata, potrebbe avere un’importanza geopolitica, perché vorrebbe dire che la Cina ha mentito in modo spudorato e questo avrebbe delle conseguenze nelle relazioni internazionali. A noi che studiamo il virus non cambia assolutamente nulla”.
“Fra l’altro – riflette Abrignani – potremmo non essere noi l’ospite definitivo di Sars-CoV-2, considerando che noi umani lo abbiamo già passato ad altri animali, per esempio ai visoni: ne abbiamo fatti macellare 20 milioni, 17 mln dei quali in Danimarca e 3 mln nel resto d’Europa di cui mezzo milione fra Veneto e Lombardia. Li abbiamo fatti macellare” anche se “ora sappiamo con certezza che i poveretti sono stati infettati dai gatti e dai cani domestici, ai quali il virus lo abbiamo passato noi”. In definitiva, “mi rendo conto che tutto ciò che sa di complotto esercita sempre un certo fascino nella maggior parte delle persone, ma io – conclude l’immunologo del Cts – resto scettico e poco interessato”.